Roma, 30 novembre, ore 21
Bibli, via dei Fienaroli 28
Reading di Elisa Lucarelli ed Emiliano Masala
Intervengono
Fabio Bistoncini, fondatore e partner FB&Associati Advocacy&Lobbying
Ilaria Tani, ricercatrice in teoria e filosofia dei linguaggi
Flavia Trupia
Modera
Stefano Ferrante, giornalista parlamentare de La7
giovedì 18 novembre 2010
martedì 9 novembre 2010
Zzzzz, le parole dormono. E i rottamatori di Renzi le risvegliano
Attenzione, non facciamo rumore: ci sono parole che dormono.
Sono le parole che vengono spesso usate nei discorsi: «auspichiamo il dovuto dialogo» o «un futuro con le radici nella storia».
Parallelamente ci sono gli insulti, contro gli avversari politici, contro i gay, contro gli stranieri, contro le donne. Dormono anch’essi per la loro banalità: ahimè, niente di nuovo, possiamo girarci dall’altra parte e continuare il nostro pisolino.
Poi, però, ci sono gli insulti creativi. I ribelli del Pd, capitanati dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, si sono autodefiniti «rottamatori», perché vorrebbero mandare allo sfasciacarrozze il vetusto establishment del nostro Paese.
Il termine «rottamatori» in comunicazione funziona: si memorizza facilmente e riassume un sentimento diffuso tra gli italiani. Qual è il suo segreto? È uno straniamento.
In stilistica è una procedura che porta a deformare il linguaggio, creando una percezione inedita. È quanto succede prendendo in prestito l’espressione «rottamare» dal mondo delle auto usate e trasportandola nel mondo della politica.
Ok, ora ci siamo svegliati. Aspettiamo, però, i «costruttori».
Nel frattempo, vi vengono in mente o avete sentito insulti creativi?
Ecco un bell’esempio di straniamento della poetessa russa Anna Achmatova, che accosta l’ordinaria parola «cannuccia» al nobile termine «anima»:
Come con una cannuccia mi bevi l’anima.
Lo so, amaro e inebriante è il sapore,
ma il supplizio non turberò implorandoti.
(Anna Achmatova, 1911)
Sono le parole che vengono spesso usate nei discorsi: «auspichiamo il dovuto dialogo» o «un futuro con le radici nella storia».
Parallelamente ci sono gli insulti, contro gli avversari politici, contro i gay, contro gli stranieri, contro le donne. Dormono anch’essi per la loro banalità: ahimè, niente di nuovo, possiamo girarci dall’altra parte e continuare il nostro pisolino.
Poi, però, ci sono gli insulti creativi. I ribelli del Pd, capitanati dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, si sono autodefiniti «rottamatori», perché vorrebbero mandare allo sfasciacarrozze il vetusto establishment del nostro Paese.
Il termine «rottamatori» in comunicazione funziona: si memorizza facilmente e riassume un sentimento diffuso tra gli italiani. Qual è il suo segreto? È uno straniamento.
In stilistica è una procedura che porta a deformare il linguaggio, creando una percezione inedita. È quanto succede prendendo in prestito l’espressione «rottamare» dal mondo delle auto usate e trasportandola nel mondo della politica.
Ok, ora ci siamo svegliati. Aspettiamo, però, i «costruttori».
Nel frattempo, vi vengono in mente o avete sentito insulti creativi?
Ecco un bell’esempio di straniamento della poetessa russa Anna Achmatova, che accosta l’ordinaria parola «cannuccia» al nobile termine «anima»:
Come con una cannuccia mi bevi l’anima.
Lo so, amaro e inebriante è il sapore,
ma il supplizio non turberò implorandoti.
(Anna Achmatova, 1911)
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martedì 2 novembre 2010
Meglio guardare una bella ragazza che essere gay: anche la gaffe di Berlusconi è pura retorica
Oggi il premier Silvio Berlusconi al Salone del ciclo e motociclo di Milano ha, di fatto, insultato gli omosessuali. Non lo ha fatto in modo esplicito, ma in modo implicito, attraverso una presupposizione linguistica.
Berlusconi ha voluto sdrammatizzare il caso Ruby con le seguenti parole:
«Sono fatto così da sempre. Qualche volta mi capita di guardare in faccia un bella ragazza, ma è meglio essere appassionato di belle ragazze che gay.»
La presupposizione linguistica è un non dire che dice. E dice molto, anzi moltissimo. Cosa dice, esattamente? Che l’omosessualità è una condizione non desiderabile.
Ma dice anche qualcosa di più: dà per scontato che questa sia una convinzione condivisa da molti. La presupposizione linguistica, infatti, è un’informazione o una visione dei fatti che viene data per scontata e acquisita da tutti, anche se così non è.
Nella breve frase di Berlusconi compare anche un eufemismo: la parola «faccia». Siamo sicuri che Berlusconi, quando vede una bella ragazza, guardi proprio il volto?
Berlusconi ha voluto sdrammatizzare il caso Ruby con le seguenti parole:
«Sono fatto così da sempre. Qualche volta mi capita di guardare in faccia un bella ragazza, ma è meglio essere appassionato di belle ragazze che gay.»
La presupposizione linguistica è un non dire che dice. E dice molto, anzi moltissimo. Cosa dice, esattamente? Che l’omosessualità è una condizione non desiderabile.
Ma dice anche qualcosa di più: dà per scontato che questa sia una convinzione condivisa da molti. La presupposizione linguistica, infatti, è un’informazione o una visione dei fatti che viene data per scontata e acquisita da tutti, anche se così non è.
Nella breve frase di Berlusconi compare anche un eufemismo: la parola «faccia». Siamo sicuri che Berlusconi, quando vede una bella ragazza, guardi proprio il volto?
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