martedì 25 gennaio 2011

Berlusconi telefona a Lerner: la climax culmina con «postribolo»


Ho ricevuto varie e-mail nelle quali mi chiedevano di commentare la telefonata di ieri sera di Silvio Berlusconi nel corso del programma L’infedele, condotto da Gad Lerner (guarda il video).

Che dire? Breve telefonata, tanti insulti. Ne riporto l’elenco. La trasmissione è definita: «disgustosa, turpe, spregevole, ripugnante». Le signore presenti in studio sono indicate con un «così dette».

La sequenza degli insulti ha il suo punto culminante nella definizione del programma come «postribolo televisivo». Boom.

Anche nell’insultare si usa la retorica. Eccome! Berlusconi usa la climax (dal greco Klímaks “scala”), una figura retorica che indica una serie di parole che comportano una progressione ascendente.

In questo modo, il premier punta l’attenzione su ciò che, al momento, gli sta più a cuore: rimandare al mittente l’accusa di sfruttamento della prostituzione.

La tecnica è antica come il mondo (e come i postriboli): accusare gli altri di qualcosa di cui si è accusati.

Credo sia controproducente. Tanta insistenza e tanta veemenza sono tipiche dei colpevoli.

lunedì 24 gennaio 2011

C’è chi va a letto presto: il non dire che dice di Emma Marcegaglia


Ieri la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia a che TempoCheFa ci ha offerto un esempio di presupposizione linguistica, commentando i fatti di attualità che hanno coinvolto il premier:

«Dai giornali italiani ed esteri esce un'immagine non positiva del nostro Paese. Ma quando sono all'estero sottolineo sempre che c'è un'altra Italia, un'Italia di tanta gente che va a letto presto, si sveglia presto, lavora seriamente, fa impresa seriamente, donne che si impegnano. C'è un'altra Italia che non appare e che bisogna promuovere».

Il riferimento alle feste di Arcore è chiaro.

La presupposizione linguistica è un’informazione o un'opinione che non viene dichiarata esplicitamente, ma è sottintesa nel discorso. Malgrado l’affermazione non sia esplicita, l’uditorio comprende perfettamente a cosa l’oratore si riferisce.

È una strategia discorsiva che si rivela efficace quando non si vuole, non si può o non si giudica opportuno esprimere un giudizio esplicito, che si rivelerebbe non opportuno, diplomaticamente fuori luogo, aggressivo.

Si dice e non si dice, ma ci si fa capire benissimo: chi vuole intendere, intende. E chi non vuole intendere? Intende lo stesso.


giovedì 20 gennaio 2011

Giuro che dico il falso. L'antinomia di Ruby a Kalispera


Ieri sera Ruby è stata intervistata da Alfonso Signorini nel programma Kalispera (Canale 5, ore 11).

Ha detto di essere sempre stata una bugiarda, di essersi inventata più volte una vita parallela e di aver mentito al premier, dicendo di essere egiziana e maggiorenne.

La sua affermazione apre il vero paradosso del mentitore o antinomia.

Un esempio da Epimenide di Creta (VI secolo a.C.) che, cretese egli stesso, disse: «tutti i Cretesi sono bugiardi».

Un altro esempio da Cicerone: «Se tu dici che mentisci, o dici il vero e allora menti o dici il falso e allora dici la verità» (Accad., IV, 29-96).

Non è così, non fidatevi. Giuro che mento!

mercoledì 19 gennaio 2011

Berlusconi: videomessaggio ergo sum

Questa sera i telegiornali hanno riportato un nuovo videomessaggio di Silvio Berlusconi sull’affaire Ruby.

Qualche osservazione a caldo sulle strategie linguistiche (testo completo, guarda il video).

1. Stile Obama. Il premier invita i cittadini a farsi loro stessi promotori della sua innocenza nei confronti dei propri amici.
«Ho avuto finalmente modo di leggere le 389 pagine dell'ultima vera e propria persecuzione giudiziaria, la ventottesima in 17 anni, che la Procura di Milano mi ha notificato con grande e voluto clamore nei giorni scorsi.
Le violazioni di legge che sono state commesse in queste indagini sono talmente tante e talmente incredibili che non posso non raccontarvele perché possiate denunciarle e farvi portatori di un messaggio ai vostri amici di come si sta cercando di sovvertire il voto popolare».
Chi, come me, è iscritto alla newsletter di Barack Obama riceve frequentemente messaggi e-mail del presidente Usa e dei suoi collaboratori. La quasi totalità di questi messaggi si conclude con un invito all’azione: vedere un video; visitare un sito Web; appoggiare una causa o condividere un’argomentazione con amici, familiari o all’interno della propria comunità:
«share with your friends and family».

2. Comune cittadino. Il premier intende far uscire il suo caso dalla straordinarietà attraverso un paragone. La tesi è: quanto è capitato a me potrebbe succedere anche a te, cittadino. Domani stesso.
Questa strategia viene usata due volte:
«Ma questo comportamento è gravissimo anche per il comune cittadino perché gli toglie qualsiasi possibilità di privacy».
«Tutto questo potrebbe capitare a chiunque di voi».

3. Ruby: «questa ragazza» o «la ragazza»? Berlusconi prende le distanze da Ruby, definendola più volte «questa ragazza» anche se, nella vicenda, è la ragazza per antonomasia. Il personaggio chiave.

4. Interlocutore disconosciuto. Il premier affronta il punto più importante della questione: presentarsi davanti ai magistrati. L'argomentazione è: lo farei, ma mi è impossibile, perché i Pm in questione sono interlocutori la cui condizione la cui autorevolezza (condizione di felicità del dire) è disconosciuta dal premier. Un'argomentazione efficace dal punto di vista della strategia linguistica.
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5. Dispiegamento di forze "paradossale". Efficace anche l’argomentazione utilizzata per contestare le forze impiegate dai Pm. La figura retorica è il paradosso:
«Gli stessi Pm che hanno ordinato con uno spiegamento di forze di almeno 150 uomini una imponente operazione di perquisizione contro ragazze colpevoli soltanto di essere state mie ospiti in alcune cene».

domenica 16 gennaio 2011

Video messaggio di Berlusconi. Due argomentazioni: una perdente e una vincente?


Secondo post sul video messaggio inviato il 16 gennaio ai media da Silvio Berlusconi sul caso Ruby. Ho notato due argomentazioni: una mi sembra perdente e una mediaticamente più efficace.

La prima riguarda i magistrati:

«È gravissima, è inaccettabile, è contro la legge questa intromissione nella vita privata delle persone. Perché quello che i cittadini di una democrazia fanno nelle mura domestiche riguarda solo loro. Questo è un principio che è valido per tutti e deve valere per tutti, anche per me».

E' un’argomentazione che mi sembra perdente, perché la reazione è facile: se qualcuno, tra le mura domestiche, accoppa la moglie non riguarda solo lui, ma lo Stato e tutti i cittadini (grazie al cielo!).

La seconda argomentazione è più efficace, anche se dovrebbe essere supportata da qualche prova tangibile:

«Da quando mi sono separato ho avuto uno stabile rapporto di affetto con una persona che era assai spesso con me in quelle serate».

Ovviamente ora ci aspettiamo di avere qualche notizia su questa persona. Tuttavia, questa argomentazione ha il merito di dirottare - almeno parzialmente - l’attenzione pubblica sulle supposizioni che riguardano l’identità della signora oggetto dello stabile rapporto di affetto.

Video messaggio di Berlusconi. L’anafora

Oggi, in serata, Berlusconi ha inviato un video messaggio ai media, in cui una figura retorica mi ha colpito tra le altre: l’anafora, la ripetizione della stessa parola o di un insieme di parole all’inizio di frasi che si susseguono.

«Non è un paese libero quello in cui quando si alza il telefono non si è sicuri della inviolabilità delle proprie conversazioni.

Non è un paese libero quello in cui alcuni magistrati conducono delle battaglie politiche usando illegittimamente i propri poteri contro chi è stato democraticamente chiamato a ricoprire cariche pubbliche.

Non è un paese libero quello in cui una casta di privilegiati può commetter ogni abuso a danno di altri cittadini senza mai, mai doverne rendere conto».

L’anafora viene generalmente impiegata per attribuire gravità liturgica alle argomentazioni, agli insegnamenti, agli avvertimenti.

Berlusconi, il caso Ruby, il paradosso e il Levitico


Tante e linguisticamente interessanti le reazioni alla seconda puntata del caso Ruby, che ha visto l’iscrizione del premier nel registro degli indagati per concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile.

Ne riporto un paio.


Il 14 gennaio, il presidente del consiglio ha commentato la notizia con un’argomentazione sotto forma di paradosso (pará = contrario; dóksa = opinione).

Il premier definisce il presunto illecito:

«reato di cena privata a casa del presidente».

Un simile reato sarebbe, naturalmente, assurdo, paradossale.

Oggi, 16 gennaio, il presidente sferra altri colpi linguistici.
Uno tra loro ha la forma di una profezia.


«Fango che ricadrà su chi utilizza la giustizia come arma politica».

L’uso del futuro e il tono solenne ricordano il Levitico, il terzo libro della Bibbia:
«il loro sangue ricadrà su di loro».

mercoledì 12 gennaio 2011

Marchionne e l’excusatio propter infirmitatem

Ecco un altro post sulla battaglia di Mirafiori che non esclude colpi linguistici.
Marchionne, sempre da Detroit, dà vita a una excusatio propter infirmitatem, una dichiarazione esplicita d’inferiorità dell’oratore.

La strategia linguistica viene utilizzata per avvalorare la posizione secondo la quale la Fiat non può assumersi la responsabilità dei problemi sociali del Paese:

«Il mio ruolo è più umile: io faccio vetture e cerco di venderle - ha concluso - il problema sociale deve essere risolto da altri. Noi come Fiat possiamo solo creare le condizioni per lo sviluppo. C'è un impegno in questo senso. Comunque per risolvere un problema strutturale di povertà bisognerà pure cominciare a fare».

Marchionne-Camusso: spiazzamento uno e due


Non mancano le strategie linguistiche nella grande battaglia sul referendum di Fiat di Mirafiori. Segnalo un doppio spiazzamento.

Spiazzamento uno.
Il 10 gennaio Marchionne a Detroit ha tentato uno spiazzamento, cambiando il punto d vista su uno degli aspetti più sensibili della trattativa. Ha detto, sostanzialmente, che la prospettiva di lavorare sei giorni alla settimana dovrebbe essere considerata un’opportunità, non una sventura.
«Venerdì scorso - ha dichiarato l'amministratore delegato della Fiat - ero in Canada a Brampton per lanciare il charger della Chrysler. Ci hanno invitato a investire e aumentare la capacità produttiva. C'è un grande senso di riconoscimento per gli investimenti che abbiamo fatto là. Stanno aspettando di mettere il terzo turno, trovo geniale che la gente voglia lavorare, fare anche il terzo turno. Lavorare sei giorni alla settimana è una disponibilità incredibile, in Europa questo è un problema».

Spiazzamento due.
Ieri a Chianciano, Susanna Camusso - segretario generale della Cgil – ha dichiarato che Marchionne «insulta ogni giorno il nostro Paese». Il nostro Paese, non solo i lavoratori Fiat o i lavoratori in generale, ma tutti i cittadini e tutte le istituzioni. In questo modo, la gravità dell’insulto aumenta, diventa intollerabile perché tutti gli italiani sono coinvolti e – secondo la Camusso – insultati.

domenica 9 gennaio 2011

Saliresti su un aereo il cui pilota è depresso? Il topos dell’ottimismo di Berlusconi e Blair


Ieri Silvio Berlusconi ha espresso il suo ottimismo per il destino del Paese, intervenendo telefonicamente all'assemblea regionale dell'Alleanza di Centro a Padova:

«Gli italiani sono in buone mani, possono guardare con sicurezza, ottimismo, senza patemi d'animo al futuro».

L’ottimismo è un passaggio obbligato dell’oratoria politica, un topos.
L’ex premier britannico Tony Blair, intervistato da Fazio a CheTempoCheFa il 3 ottobre 2010, lo ha confermato: l’ottimismo è un elemento strategico e indispensabile nella comunicazione di un leader:

«è una qualità importantissima in politica. Quando prendi un aereo non vuoi vedere un pilota depresso […] o, per lo meno, non vuoi sapere se è depresso».

Essere “strategicamente” ottimisti va bene, dunque. Ma non lo si può essere in modo manieristico e vuoto, altrimenti suona falso. L’ottimismo deve essere supportato da un'argomentazione credibile e da riscontri fattuali che ne sorreggano la visione, altrimenti è controproducente.

Salireste su un autobus guidato da un cieco felice?

lunedì 3 gennaio 2011

Discorso di fine anno di Napolitano 2. Un linguaggio ufficiale con squarci di attualizzazione


Alcuni aspetti del discorso di fine anno di Napolitano sono volutamente solenni e senza tempo. Ne sono una prova gli aggettivi posti prima del nome:

«cieche trame terroristiche», «luminosi principi», «complessivo bilancio».

Ma anche parole desuete come «travaglio» per intendere «disagio»:

«Sentire l’Italia, volerla più unita e migliore, significa anche questo, sentire come proprio il travaglio di ogni sua parte, come il travaglio di ogni sua generazione, dalle più anziane alle più giovani».

Nel discorso non mancano, però, elementi di attualizzazione, come quando il presidente snocciola i dati sulla disoccupazione giovanile:

«il tasso di disoccupazione nella fascia di età tra i 15 anni e i 24 - ecco di nuovo il discorso sui giovani, nel suo aspetto più drammatico - ha raggiunto il 24,7 per cento nel paese, il 35,2 nel Mezzogiorno e ancor più tra le giovani donne».

Questo passaggio apre un'ulteriore finestra sulle emergenze dell’oggi, il cui punto culminante è una parola con un alto valore espressivo: «assillo».

«Sono dati che debbono diventare l'assillo comune della Nazione. Se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l'Italia: ed è in scacco la democrazia».

Discorso di fine anno di Napolitano 1. I giovani, la ricerca del focus e il linguaggio delle istruzioni


Il discorso del 31 dicembre 2010 del presidente della Repubblica Napolitano ha un focus preciso: i giovani. Quello del 2009 era la crisi finanziaria.

In un testo, il focus è l’argomento che si vuole rimanga impresso, l’aspetto che l’oratore ha scelto di evidenziare.

Nel discorso del 2010 il focus-giovani è anche l’incipit, l’attacco, e il filo conduttore dell’intero testo.

Ecco l’incipit:
«Buonasera e buon anno a tutti voi, italiane e italiani di ogni generazione. Non vi stupirete, credo, se dedico questo messaggio soprattutto ai più giovani tra noi, che vedono avvicinarsi il tempo delle scelte e cercano un’occupazione, cercano una strada.»

La scelta del focus è la fase più delicata nella stesura di un discorso. La “crisi da foglio bianco”, la difficoltà di incominciare a scrivere un testo, è dovuta, non di rado, al fatto che il redattore non ha le idee chiare su quale debba essere il focus. Spesso ciò accade semplicemente perché non sa quanto sia utile individuarne uno.

Torniamo al focus-giovani. La scelta di questo argomento dà calore a un discorso istituzionale e super partes come quello del Presidente.


In un passaggio Napolitano si rivolge ai ragazzi con un tono che definirei affettuoso e paterno, dando loro istruzioni precise sul comportamento che devono tenere nella manifestazione del proprio dissenso alla riforma dell’Università e nei confronti dello studio:

«A tutti rivolgo ancora la più netta messa in guardia contro ogni cedimento alla tentazione fuorviante e perdente del ricorso alla violenza. In particolare, poi, invito ogni ragazza e ragazzo delle nostre Università a impegnarsi fino in fondo, a compiere ogni sforzo per massimizzare il valore della propria esperienza di studio, e li invito a rendersi protagonisti, con spirito critico e seria capacità propositiva, dell’indispensabile rinnovamento dell’istituzione Università e del suo concreto modo di funzionare».

Barack Obama - con il suo esplicito stile americano - è un maestro nel dare istruzioni, nell’arte del dire con chiarezza cosa sia opportuno fare e non fare. Ecco un interessante esempio dell’8 settembre 2009, anche questo rivolto al mondo dei giovani:


«Ora, io ho fatto un sacco di discorsi sull’istruzione. E ho molto parlato di responsabilità. Della responsabilità degli insegnanti che devono motivarvi all’apprendimento e ispirarvi. Della responsabilità dei genitori che devono tenervi sulla giusta via e farvi fare i compiti e non lasciarvi passare la giornata davanti alla tv. Ho parlato della responsabilità del governo che deve fissare standard adeguati, dare sostegno agli insegnanti e togliere di mezzo le scuole che non funzionano, dove i ragazzi non hanno le opportunità che meritano. Ma alla fine noi possiamo avere gli insegnanti più appassionati, i genitori più attenti e le scuole migliori del mondo: nulla basta se voi non tenete fede alle vostre responsabilità. Andando in queste scuole ogni giorno, prestando attenzione a questi maestri, dando ascolto ai genitori, ai nonni e agli altri adulti, lavorando sodo, condizione necessaria per riuscire.

Questo è quello che voglio sottolineare oggi: la responsabilità di ciascuno di voi nella vostra educazione. Parto da quella che avete nei confronti di voi stessi. Ognuno di voi sa far bene qualcosa, ha qualcosa da offrire».