domenica 30 dicembre 2012

Le dieci gaffe dei politici 2012

Il ministro Balduzzi si dimentica sempre il preservativo. Lady Fornero è la vera star delle gaffe governative. Anche il controllato Monti-style lascia spazio a qualche scivolone. Il premier uscente bestemmia due volte contro due "credo" degli italiani: il posto fisso e il calcio. Ancora. Il viceministro Michel Martone gioca il ruolo di apostolo della verità e Giovanardi si lancia in una comparazione di sapore dadaista, paragonando un bacio alla pipì. Sono solo alcune delle gaffe mediatiche dell'anno che si sta chiudendo.
And the winner is...
Se lo vuoi scoprire, vai su Huffingtonpost.


domenica 16 dicembre 2012

I grandi discorsi del cinema

Berlusconi torna o non torna? Grillo avrà smaltito la sua ira funesta? Monti si lancerà in politica? La mazzata dell'Imu servirà a qualcosa oppure tutto questo dolore ci sarà inutile?

Prendiamoci un po' di pausa dalla politica per dare uno sguardo ai grandi discorsi del cinema:
http://www.huffingtonpost.it/../../flavia-trupia/i-grandi-discorsi-del-cin_b_2298937.html

venerdì 30 novembre 2012

Il De oratore nelle versioni di Bersani e Renzi

Bersani gli “effetti normali”; Renzi gli “effetti speciali”. Nel duello tv andato in onda su Rai 1, in vista del ballottaggio del centro sinistra di domenica 2 dicembre, i due sfidanti hanno affermato due stili oratori diversi.

Per leggere tutto il post vi rimando a Huffington:

http://www.huffingtonpost.it/flavia-trupia/il-de-oratore-nelle-versi_b_2211833.html

lunedì 19 novembre 2012

Montezemolo fa il Battista, Monti farà il Messia?

La nascitura Terza Repubblica, presentata agli Studi cinematografici De Paolis di Roma – 6 mila partecipanti da tutta Italia, dicono gli organizzatori – appare lontana dal populismo, con un occhio ai cattolici Dio Patria Famiglia, ostile ai comunisti tipo Ferrero che scende in piazza contro il governo nel quale è ministro. Soprattutto, non radical-chic: è passata la stagione e comunque il posto è già occupato. L’obiettivo è un secondo Governo Monti, appoggiato da forze che diano rappresentanza, senza la solita ambiguità, si spera, a quell’Italia professionale e perbene, immune dalla demagogia del ventennio trascorso e da quelli che, con qualche restyling, potrebbero prenderne il posto.

“Se non ci sarà una novità sostanziale nell’offerta politica, il risultato delle elezioni potrebbe portare alla guida del Paese uno schieramento eterogeneo e confuso, […] una compagnia governativa ostaggio di populismi che rifiutano gli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese.”

È una delle circonlocuzioni cui Luca Corderdo di Montezemolo, presidente della Ferrari, ha fatto ricorso per non concedere a Berlusconi neanche lo status di avversario politico, mentre questi si era illuso di metterlo brutalmente al posto di Alfano.

Montezemolo non vuol correre il rischio di essere frainteso in questo momento di trame, di manovre, di sbarramenti e di arruolamenti.
“Ciascuno di noi almeno una volta ha provato vergogna di essere italiano […]. Mai più accetteremo di vedere l’Italia derisa e disonorata. Per questo scendiamo in campo: basta stare in tribuna. I cittadini e le eccellenze che costituiscono il nerbo della nostra nazione abbandonino le tribune e ritornino a giocare in attacco e vincere.”

“Siamo qui perché vogliamo che inizi finalmente un capitolo nuovo della nostra vita civile e democratica [Il non detto implicito è: “quello vecchio è da buttare”], che metta al centro quest’Italia, l’Italia che rema. Dobbiamo aprire la strada verso la Terza Repubblica.”

Qualcosa di familiare risuona in questo linguaggio: le metafore calcistiche e l’Italia che ora rema e, appena ieri, remava contro.
Su Monti:
“Può fare il lavoro di ricostruzione in Italia e in Europa meglio di chiunque altro; ammetterlo non è segno di debolezza…”

Quindi Montezemolo, dopo due anni di riflessione e qualche tatticismo, ha deciso di cedere il passo a uno migliore anche di lui. Non è poco e gliene va dato atto. È impensabile del resto che possa pensare di guidarlo dietro le quinte, secondo il celebrato schema dei poteri forti. Resta da vedere se il Messia accetterà di percorrere le strade e i sentieri aperti e spianati da questo Battista.

mercoledì 14 novembre 2012

Scontro di eloquenza per le primarie di coalizione

Renzi, l'americano che si ispira all'Obama style; Bersani e il buon linguaggio di paese; Vendola, cintura nera di poesia; Tabacci, il realista; Puppato, maestra di preterizione.

Se volete sapere tutto sul confronto oratorio delle primarie di coalizione andate qui:
 http://www.huffingtonpost.it/../../flavia-trupia/primarie-di-coalizione-el_b_2128638.html


giovedì 8 novembre 2012

Discorso che vince non si cambia

Nel discorso della vittoria, Obama ha rispoleverato tutti i suoi cavalli di battaglia: la speranza, l'unione del paese, i "quadretti" della quotidianità nei quali la gente comune può riconoscersi.

Se vi interessa avere i dettagli sull'oratore più potente del momento, cliccate qui:  http://www.huffingtonpost.it/../../flavia-trupia/obama-il-grande-oratore_b_2091658.html

lunedì 29 ottobre 2012

"Quelli di Grillo": la retorica della non politica

Ho pubblicato un post su Huffingtonpost su Cancelleri, candidato politico del Movimento 5 Stelle in Sicilia.

Si è animanto un dibattito acceso. Se volete unirvi, vi aspetto:
http://www.huffingtonpost.it/flavia-trupia/quelli-di-grillo-la-retor_b_2038055.html

martedì 23 ottobre 2012

Obama vs Romney: Obama è sarcastico e vince, Romney usa l'iterazione e perde

Se volete sapere tutto sui salti mortali retorici di questa notte dei due pesi massimi dell'oratoria, mi trovate su "L'Huffington Post". Cliccate il link sotto:

http://www.huffingtonpost.it/flavia-trupia/duello-romneyobama-le-par_b_2005634.html

Mi sono svegliata alle tre per seguire il terzo dibattito presidenziale su Sky.  Ragazzi, che emozione! Obama ha dominato, è stato incredibile. Ma anche Romney è stato enorme. Se credete, commentatatemi o condividetemi su L'HufPost. Vi aspetto

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giovedì 18 ottobre 2012

Secondo scontro Obama – Romney: "Io ti spiezzo in due"

Nel secondo dibattito televisivo tra i due candidati alla Casa Bianca l'aggressività è stata la protagonista della serata. Obama ha cercato di far apparire Romney uno squalo in affari e in politica e Romney ha mostrato i muscoli nei confronti della Cina.

Il duello è stato condotto dalla giornalista della Cnn Candy Crowley alla Hofstra University. Rispetto al primo scontro a Denver, il confronto si è svolto davanti a un pubblico di cittadini-elettori incaricati di porre domande ai due candidati.

Obama era concentrato e grintoso, mentre Romney ha perso un po dellaffabilità dimostrata nel primo dibattito. Una gaffe ha funestato la prestazione del governatore, quando ha dichiarato che Obama non avrebbe dimostrato sufficiente durezza dopo l'assassinio dell'ambasciatore Stevens a Bengasi l'11 settembre. La moderatrice è intervenuta ricordando che Obama aveva parlato di "atto di terrore".

Seguendo il dibattito dal principio si nota come il governatore Romney dia inizialmente dimostrazione di empatia e sicurezza. Jeremy, uno studente di ventanni, chiede ai due candidati se possono rassicurare i suoi genitori sul fatto che sarà in grado di trovare un lavoro dopo la laurea. Il governatore offre una risposta articolata e conclude:
Quando ti laurei?
[La risposta del ragazzo non si sente perché non usa il microfono.]
Romney ribatte con una captatio benevolentiae:
2014. Nel 2014 suppongo che sarò presidente. E farò in modo che sia sicuro che tu abbia un lavoro. Grazie, Jeremy. Ci puoi scommettere!

Candy Crowley chiede maggiori chiarimenti sul tema ai due candidati e Romney si avventura in una promessa ambiziosa e, da oratore navigato, non molla Jeremy che, in quel momento, rappresenta tutto il pubblico a casa:

Abbiamo un programma di cinque punti che porterà allAmerica 12 milioni di posti di lavoro in quattro anni e laumento dei salari. Questo aiuterà Jeremy ad avere un lavoro quando uscirà dalluniversità. E aiuterà tutti i disoccupati del Paese

Ma Obama gioca duro e ribatte. Unanafora (la ripetizione di una serie di parole allinizio del periodo) sottolinea la sua indignazione:
il governatore Romney non ha un piano in cinque punti, ma un piano con un solo punto. Questo piano è assicurare che la gente al top possa giocare con regole diverse rispetto a quelle di tutti gli altri cittadini. Questa è stata la sua filosofia nel settore privato. Questa è stata la sua filosofia come governatore. Questa è la sua filosofia come candidato presidente. Puoi fare un sacco di soldi e pagare meno tasse di chi ha meno soldi di te. Puoi portare il lavoro allestero e avere meno tasse da pagare. Puoi investire in una società, mandarla in bancarotta, lasciare a casa i lavoratori, strappare loro la pensione e continuare a fare soldi.

Interessante luso della parola filosofia (philosophy). Usando questo termine, Obama mette in discussione l'onestà del governatore, la sua rettitudine morale, non solo le sue scelte politiche.

Anche in questo dibattito, come nel primo, Romney fa pesare il suo pragmatismo di imprenditore di successo:
So bene quanto sia difficile avviare una piccola impresa. Ecco perché quello che farò sarà mirato a far crescere le piccole imprese ed aumentare i posti di lavoro.

In ogni narrazione c'è un eroe e un anti-eroe. E Mitt lo sa bene. Nell'America post bellica, fino alla caduta del muro di Berlino, gli antagonisti erano i Russi. Ciò non avveniva solo nella politica, ma trovava una sua drammatizzazione anche al cinema, in televisione e nel linguaggio quotidiano. Chi non ricorda la minaccia "io ti spiezzo in due" pronunciata dal perfido Ivan Drago per intimorire Rocky nel film Rocky IV del 1985?

Sembra che Romney, per conquistare un ruolo da eroe, abbia bisogno di trovare un anti-eroe. L'esposizione della sua strategia economica assume toni volutamente poco diplomatici:

"Nel primo giorno da presidente nominerò la Cina sleale nel commercio [...]".

Romney rincara la dose quando la moderatrice gli chiede:
LIpad, il Mac, lIphone sono fabbricati in Cina e una delle ragioni è che il lavoro è molto più economico. Come pensa di convincere le grandi aziende americane a riportare il lavoro in patria?

Il governatore risponde:
La Cina ha imbrogliato, in primo luogo tenendo basso il valore della moneta e in secondo luogo rubando la nostra proprietà intellettuale, il nostro design, i nostri brevetti, la nostra tecnologia. C’è persino un Apple Store in Cina che è contraffatto e vende merci contraffatte. Fanno hackeraggio nei nostri computer. []. Dobbiamo rendere lAmerica il posto più attraente per gli imprenditori e per chi vuole espandere il business. È questo che porterà il lavoro qui."  

Le campagne sono corse tra gli ostacoli delle gaffe, perché ogni parola fuori posto cancellerà le tante parole pronunciate al posto e al momento giusto ma, soprattutto, verrà usata contro di te. Senza pietà.

Obama riserva la sua arma letale alla battuta conclusiva. Usa in suo favore lo scivolone di Romney di qualche settimana fa che aveva tacciato di parassitismo il  47% degli americani. Il presidente affonda il coltello con un'ostentata cavalleria iniziale, introducendo il discorso con un'apparente dimostrazione di simpatia per lo sfidante:

"Sono convinto che il governatore Romney sia una brava persona. Ama la sua famiglia, crede della sua religione. Ma quando ha detto, a porte chiuse, che il 47 per cento degli americani ritiene di essere una vittima e rifiuta le proprie responsabilità, pensate a chi si riferiva. A gente che vive grazie alla Social Security e che ha lavorato tutta la vita, veterani che si sono sacrificati per il loro Paese, studenti che cercano di rendere reali i propri sogni, soldati che sono allestero a combattere per noi, gente che lavora sodo e paga le tasse ma non guadagna abbastanza. [...] Io voglio lottare per loro.

Obama spiezza in due Romney.

lunedì 15 ottobre 2012

Bersani a Bettola parla la lingua del perfetto Brav’Uomo: “senza radici foglie non se ne fa”

Compreresti una macchina usata da Bersani? Sì, certo che la comprerei. Soprattutto dopo il comizio di Bettola di ieri mattina, dove il leader del Pd ha rispolverato tutto il repertorio del Brav’Uomo.

La “pecora rossa” – così lo chiamavano gli amici del paese – è apparso concreto, pacato e indubbiamente simpatico.

Cominciamo dal luogo. Il Brav’Uomo ha iniziato la sua corsa per le primarie da Bettola, paese natio. Dal punto di vista narrativo è una scelta perfetta. Dà modo al Brav’Uomo di raccontare le sue origini: il padre benzinaio, il primo comizio nella piazza del mercato, gli ideali della gioventù.

L’uso della storia personale come leva argomentativa è un superclassico (Erlebnis). Tutti i politici se ne servono: Obama ha raccontato mille volte dei sacrifici di madre Ann per farlo studiare; Berlusconi della sua vittoria contro il cancro; persino la rigida Frau Merkel ha citato, davanti al Congresso degli Stati Uniti, la sua adolescenziale brama per un paio di blue jeans, introvabili nella Germania dell’Est dove viveva.

«Il Bersani più vero è questo qua. Questo tra il distributore e l’officina. Dove stanno le mie radici.»

E ora la scelta dello stile. Il Brav’Uomo parla il bravuomese, va da sé. Ecco, allora, che il colto Bersani cede al vezzo dialettale di troncare i verbi (“avevan”, “eran”), di non accordare soggetto e verbo, di dislocare il complemento a sinistra, di usare metafore della terra (“foglie”, “radici”):

«E io penso che in un paese che ha bisogno di futuro e di cambiamento, che ha bisogno di foglie nuove, beh io penso che le foglie nuove possano venire solo se ci sono le radici. Senza radici foglie non se ne fa.»

Esplicita la sua scelta programmatica di non “programmare” il discorso, perché il Brav’Uomo rifugge dalle strategie. Una raffinatezza metalinguistica, travestita da semplicità:

«Non aspettatevi il discorsone solenne. Starò sul tono della giornata. Che che dicano i comunicatori.»
«La realtà viene prima di ogni altra cosa. Della comunicazione, dell’interpretazione politica.»

Da Brav’Uomo chiede addirittura scusa per l’incomodo:

«Spero di non aver dato troppo disturbo. Sapete tutti nei paesi come giran le cose.»

Poi, illustra le tappe della sua campagna. Da Brav’Uomo sceglie i «luoghi della realtà», dove non ripeterà lo stesso copione come Renzi, ma pronuncerà discorsi sempre diversi:

«Io andrò nei luoghi della realtà. Nei luoghi dei problemi e nei luoghi delle energie che ci sono in questo paese. […] Fatta questa anteprima la partenza la farò dal Cern. Dal più grande laboratorio di fisica delle particelle. […] Il luogo che in questo momento spinge più avanti le conoscenze dell’umanità. Il luogo dove ci sono tanti ricercatori, giovani ricercatori. Dove c’è tanta intelligenza italiana. E vorrei anche ricordare con l’occasione che il creatore, il fondatore del Cern, non solo è un italiano - Amaldi, Edoardo Amaldi - uno dei più grandi fisici del secolo scorso. È un italiano ed è anche un paesano. È di Carpaneto Piacentino.»

La bravuomaggine non lo fa però rinunciare a una battutina, un’allusione alla gaffe della Gelmini di un anno fa:
«Da lì, dal Cern di Ginevra, la tappa successiva sarà di prendere la famosa galleria della Gelmini e di andare a L’Aquila.»

Nel finale ribadisce la sua apologia delle radici, citando Berlinguer:

“Essere fedele agli ideali della tua gioventù.”

È giusto. Il Brav’Uomo non dimentica il passato.

giovedì 11 ottobre 2012

Discorsi potenti collezione: quando le domande servono, anche se non hanno risposta

Capita di essere a corto di risposte. Ma capita anche di essere a corto di domande.

Ieri sera su Rete 4 è andato in onda Invictus, il film di Clint Eastwood del 2009 dedicato a Nelson Mandela. Il presidente del Sudafrica, interpretato da un incredibile Morgan Freeman, si pone la domanda che tutti i leader, i genitori, gli educatori hanno in mente, ma che non riescono a esprimere con la stessa limpidezza: come fare a rendere le persone che si guidano migliori di quanto loro stesse credano di essere?

La formula non esiste. Esistono tentativi, insuccessi e qualche successo. Ma il fatto stesso di porsi la domanda ci porta più vicino alla meta.

Nel film, Mandela - primo presidente eletto dopo l’apartheid - si trova a governare un Paese profondamente diviso tra neri e bianchi. È il 1995 e il Sudafrica ospita la Coppa del mondo di rugby, uno sport odiato dai neri e amato dai bianchi, gli afrikaner.
Mandela considera strategica la vittoria degli Springboks, la nazionale di rugby, nella speranza che l’esultanza comune possa unire tutti i sudafricani e farli diventare “un” popolo.

Per ottenere questo risultato, cerca di ispirare il capitano della squadra François Pienaar (Matt Damon).

Mandela: Dimmi François, qual è la tua filosofia della leadership. Come ispiri la tua squadra a dare il meglio?
François: Con l’esempio, ho sempre dato l’esempio per guidarli.
Mandela: Oh, questo è giusto, sì. Questo è sacrosanto. Ma come fare a renderli migliori di quanto loro credano di essere? È questo che io trovo difficile. Con l’ispirazione è possibile. Ma come facciamo a ispirarci alla grandezza quando niente di meno ci può bastare. Come facciamo a ispirare quelli che ci circondano? A volte io credo che la risposta sia nel lavoro di altri. A Robben Island, quando le cose si mettevano male, trovavo ispirazione in una poesia.
François: Una poesia?
Mandela: Una poesia vittoriana. Solo parole. Ma mi davano la forza di stare in piedi quando tutto ciò che volevo era lasciarmi andare. Però tu non sei venuto fin qui per sentire un vecchio che parla di cose prive di senso.
François: No, no, la prego signor presidente, hanno molto senso per me. Prima di una grossa partita, che so di un test, sul pullman prima di andare allo stadio, non parla nessuno.
Mandela: Ah ecco. Si stanno preparando…
François: Esatto. Ma quando sento che siamo pronti, io chiedo al nostro autista una canzone. Una di mia scelta, ma che conosciamo tutti. E insieme ascoltiamo le parole. Ci aiuta.
Mandela: Io ricordo quando mi invitarono alle Olimpiadi del ’92 a Barcellona. Tutti i presenti allo stadio mi accolsero con una canzone. A quei tempi il futuro, il nostro futuro, sembrava molto fosco. Ma, a sentire quella canzone intonata dalle voci di tutto il pianeta, mi fece sentire orgoglioso di essere sudafricano. Mi diede l’ispirazione di tornare a casa e fare meglio. E mi incoraggiò a pretendere di più da me stesso.
[…] Abbiamo bisogno di ispirazione, François, perché per poter costruire la nostra nazione dobbiamo tutti cercare di superare le nostre aspettative.
Guarda il video.

mercoledì 10 ottobre 2012

Grillo, lo sa bene. Il mezzo è il passaggio

Contro ogni previsione sportiva, Grillo ce l’ha fatta. Ha attraversato lo stretto di Messina a nuoto, senza mai fermarsi, seguito – su una barca – dal suo guru Casaleggio con la testa calzata da una scoppola verde.

Le immagini stanno facendo il giro del mondo, dimostrando che, al di là dei contenuti, i passaggi mediatici sono sempre un valore inestimabile.

Il sito beppegrillo.it, che ha narrato l’impresa, ci regala una pillola di retorica. Una captatio benevolentiae in favore dei siciliani:

“La Sicilia potrebbe vivere meglio senza l'Italia, ma l'Italia non potrebbe vivere senza la Sicilia.”

martedì 9 ottobre 2012

Nichi Vendola si candida alla primarie, ma parla ai “suoi” non ai Gentili

Nichi Vendola a Ercolano lancia la sua candidatura alle primarie del centro sinistra utilizzando un registro linguistico decisamente aulico. L’impalcatura retorica complessa, il ricorso a figure, i termini ricercati danno al dire vendoliano un’impronta allontanante.
I lettori di questo blog sanno quanto ami la retorica e gli artifici che rendono potente la lingua. Li amo quando vengono usati con grazia, quando si nascondono tra le parole, quando fanno appena capolino. Insomma quando sono al servizio delle idee. Perché quando la tecnica oratoria prevale, i pensieri vengono ingabbiati, invece di volare.
Qualche esempio. Un Vesuvio personificato viene utilizzato per denunciare l’abusivismo edilizio campano:
“Il vulcano, la sua natura che sembra farsi beffe del nostro sapere. Il suo tornare a ogni sputo di fiamma a spiazzare il mondo. E, sotto il suo sguardo, una pullulante nebulosa di città, di agglomerati urbani riversi gli uni sugli altri.”

Una tripla sineddoche sottolinea la progressiva degradazione del concetto di bellezza nella nostra società:
“Quella nozione di bellezza che aveva agitato la tavolozza dei pittori e il pentagramma dei musicisti viene ridotta alle curve delle veline.”

Un epiteto – un aggettivo ornamentale, più che funzionale – viene posto prima del nome in stile risorgimentale:
“La fredda tecnica”

Il crollo della Schola Armaturarum di Pompei viene – giustamente - preso come esempio significativo dell’indifferenza italiana per i propri giacimenti culturali, ma nel dire vengono incastonati termini eccessivamente ricercati, come epifania e innervato.
“Il crollo a Pompei nel novembre 2010 della Schola Armaturarum appare subito come una dolorosa epifania. Rivela certamente l’incuria nella tutela del nostro patrimonio archeologico ma soprattutto comunica al mondo intero gli effetti di quell’analfabetismo di ritorno che ha innervato la nostra classe dirigente [APPLAUSO]. Il bel Paese è diventato progressivamente un vuoto a perdere.”

Non mancano i calembour.
“Come sappiamo, noi sappiamo sempre meno.”

E non manca la banalità da vecchia zia che vuole la televisione di oggi come origine di tutti i mali:
“Lo schermo televisivo, questa è la scena vera dell’egemonia berlusconiana, che soppianta la scuola; l’educazione alla libertà soppiantata dall’educazione al consumo.

Alcuni passaggi sono invece più efficaci, in quanto il rapporto tra tecnica e pensiero trova un equilibrio.
Sulla crisi economica Vendola parla chiaro:
“La verità è che la crisi è crisi solo per una parte della società che la paga due volte. La paga con il dimagrimento dei servizi pubblici, con la riduzione dei redditi e dei diritti, con il blocco degli ascensori sociali, con le giovani generazioni addestrate e condannate alla precarietà. […] La crisi è figlia della perdita di valore sociale del lavoro.”
L’aggettivo “pudica” è ricercato ma ben scelto:
“Vi è una tassazione che colpisce in basso ma che è pudica quando deve colpire in alto.”

Sull’Ilva, Vendola dice, con parole migliori, quello che tanti pensano ma non riescono a esprimere con la stessa chiarezza:
“Si è detto è il conflitto tra lavoro e salute. No, è il conflitto tra l’impresa irresponsabile e il lavoro e la salute insieme”.

il leader di Sel ha letto il suo discorso di 90 minuti, chino su un pacco di fogli. Solo nella parte finale è andato a braccio, dimostrando l’abilità e la sicurezza oratoria che conosciamo e scrollandosi di dosso l’antiquata – e nel suo caso immeritata – immagine del vecchio dirigente di partito.
Nichi Vendola, con questa allocuzione, ha parlato ai “suoi”. A quelli che già lo seguono e apprezzano.
Non ha parlato agli “altri”, a quelli che potrebbero apprezzarlo, conoscendo le sue idee e il suo programma.
Come Paolo di Tarso (San Paolo) dovrebbe parlare ai Gentili, non solo agli ebrei. Altrimenti il suo slogan “Oppure Vendola” ben presto diventerà “Neppure Vendola”. Guarda il video.

giovedì 4 ottobre 2012

Duello Obama vs Romney: Barack concentrato vs Mitt spontaneo (con arma letale nel finalino)


Un Romney impeccabile nel primo dibattito tra i candidati alla presidenza degli Stati Uniti, che si è tenuto ieri sera all'università di Denver. Lo sfidante è affabile, sereno, a tratti sornione ma senza mai perdere un’immagine di spontaneità. Obama, invece, è concentrato – troppo – e dimentica di sorridere. Sembra meno a suo agio, quasi sulla difensiva.
Il presidente rompe il ghiaccio con una nota leggera, una captatio benevolentiae, giocando la parte del perfetto maritino che tutte le donne vorrebbero:

“Tra i tanti punti di cui vorrei parlare questa notte il più importante è che vent’anni fa sono stato l’uomo più fortunato del mondo, perché Michelle Obama ha detto che mi avrebbe sposato. Quindi, amore [si rivolge alla moglie], ti auguro buon anniversario e ti prometto che la prossima volta non lo festeggeremo davanti a 40 milioni di persone.”

Ma Mitt Romney non lascia che le signore americane si commuovano. Gli “scippa” immediatamente la battuta:

“Auguri, signor presidente, credo che questo non sia il posto più romantico per festeggiarlo. Qui con me.”

Lo scippo di Romney si ripete nel corso del dibattito. Lo sfidante si rivolge alla middle class della quale Obama vorrebbe essere il paladino:
"Dopo quattro anni di presidenza ci lascia 23 milioni di disoccupati e una middle class impoverita".

Romney rincara la dose, giocando il ruolo del bravo imprenditore, che ha fatto bene per sé e può farlo anche per il suo Paese. La tesi è opinabile ma funziona sempre.
"Se è questo che volete, rieleggetelo, io vi indico una strada diversa perché amo il mio paese e conosco la ricetta per far ripartire l'occupazione, sono stato io stesso un creatore d'imprese."

Obama invece affida la sua assertività ai numeri e agli investimenti sul futuro:
“Nella più grave crisi degli ultimi 70 anni, dall'inizio del mio mandato però sono stati creati 4 milioni di posti di lavoro". “Il governatore Romney vuole ridurre le tasse sui ricchi, io voglio investire nell'istruzione, sto concludendo due guerre che ho ereditato, per orientare le nostre risorse verso la ricostruzione dell'America."

Interessanti le argomentazioni degli sfidanti sull’obamacare, la riforma sanitaria voluta da Obama che apre uno scambio di battute sulle due opposte visioni dei candidati: la solidarietà di Obama che, per Romeny, vuol dire assistenzialismo; il libero arbitrio di Romney che, per Obama, vuol dire crudele darwinismo sociale.
Il presidente sostiene: "Io credo in un'America che è la terra della libertà, ma dove il successo vero lo misuriamo quando riusciamo a farcela tutti insieme".

Romney ribatte:
“Ritengo che il governo non abbia la capacità di tenere i costi bassi. Infatti gente libera e libere imprese hanno maggiori capacità sulla riduzione dei prezzi del Governo.” “Il mercato privato e la responsabilità personale danno sempre risultati migliori.” “Sono colpito dalle capacità di creatività e di innovazione degli americani.” “Il mercato privato e la responsabilità personale funzionano sempre meglio.”

Nelle promesse finali Barack è generico, mentre Mitt sceglie di attaccare lo sfidante con un’argomentazione specifica che risveglia le antiche paure degli americani sul tema della sicurezza.
Obama:
“Quattro anni fa ho detto che non sono perfetto e che non sarei stato un presidente perfetto. Il governatore Romney pensa che io abbia mantenuto questa promessa. Ma ho anche promesso che avrei combattuto ogni singolo giorno per il popolo americano, per la classe media e per tutti coloro che si sforzano per raggiungerla. Se voterete per me vi prometto che combatterò con altrettanto vigore nel secondo mandato.”

Romney:
“Se il presidente verrà rieletto vedrete tagli drammatici alla difesa. Il segretario della difesa ha detto che sarebbero devastanti. Io non diminuirò l’impegno per i nostri militari. Farò in modo che l’America rimanga forte e che la classe media americana torni a lavorare.” È un atto linguistico che mira a produrre un effetto persuasivo, risvegliando l’apprensione dell’uditorio. Un’arma, l’apprensione, che lo sfidante si riserva per l’explicit.

Guarda il video.

mercoledì 3 ottobre 2012

Enzo Tortora era innocente. E voi?


La fiction su Enzo Tortora, andata in onda su Rai 1, ha avuto il merito di ricordare un uomo troppo spesso dimenticato.

Un uomo travolto da una giustizia ingiusta che ha creduto così tanto nella giustizia giusta da non volersi concedere il beneficio dell’immunità parlamentare.

Un uomo che, invece di blandirli, ha sfidato apertamente i giudici che avevano in mano il suo destino.

«Io vi dico: sono innocente. Lo grido da tre anni. Lo gridano le carte. Lo gridano i fatti che sono emersi in questo dibattimento. Io sono innocente. Io spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi.»

Guarda il video (tratto da un’imperdibile puntata de La storia siamo noi).

lunedì 1 ottobre 2012

Discorsi potenti collezione: “Affarone, Contentone e Guadambione” dal Satyricon al consiglio regionale del Lazio


Le foto della festa in stile omerico, organizzata dal consigliere regionale forzista De Romanis, hanno fatto il giro del mondo regalando all'Italia l’immagine di un paese di cialtroni e sfaccendati.

Tra i film di Discorsi potenti collezioni, vale la pena ricordare “Fellini Satyricon” (1969).

Rivedendolo oggi, ci colpiscono immagini, dialoghi e personaggi che potrebbero essere quelli dei nostri giorni.

Spettacolare la cena pantagruelica a casa del liberto arricchito Trimalchione, del quale ricordiamo qualche battuta:

Uno schiavo porta tre statuette d’oro.
Trimalchione: Questi sono i Lari miei. Protettori della nostra proprietà [si bacia la mano e, poi, tocca le tre statuette]: Affarone, Contentone e Guadambione. Propizi siano gli dei.

Invitato: La giornata se ne va come niente. Mente ti volti - hai visto? - fa notte. Allora non c’è niente di meglio che passare dal letto alla tavola.

Trimachione [rivolto alla moglie, che lo rimprovera per le attenzioni che il marito rivolge a una giovinetta]: T’ho preso schiava e ti ho trasformato in essere umano […]. Sei brutta, sei vecchia! 

Che i Lari ci aiutino. Intanto guardiamo il video.

mercoledì 26 settembre 2012

La Polverini riforma la grammatica: «Questa gente la mando a casa io.» Ma non era lei la mandata a casa?

La mandata a casa diventa colei che manda casa. Da oggetto a soggetto del discorso. È la straordinaria riforma grammaticale operata dall’ex governatrice della Regione Lazio Renata Polverini nei manifesti con i quali ieri ha tappezzato Roma.

«Questa gente la mando a casa io.»

Ma non era lei che era stata mandata a casa? Goffo tentativo di recuperare uno straccio di verginità.

martedì 25 settembre 2012

Matteo Renzi, ieri sera a Roma, va oltre la rottamazione

Gli slogan sono un’arma a doppio taglio. Offrono il favore della riconoscibilità ma rischiano di ingabbiare in un cliché il personaggio cui sono legati. Lo sa bene Matteo Renzi, sfidante alle primarie del Pd, che cerca di non farsi intrappolare dalla felice, ma potenzialmente asfittica, trovata della “rottamazione” (vedi post del 9 novembre 2010).

Ieri sera a Roma - in un Auditorium della Conciliazione strapieno in cui campeggiava un’enorme scritta “Adesso!” - Renzi ha orientato il suo sforzo argomentativo su un concetto: la rottamazione è un punto di partenza, non di arrivo. L’”Adesso!-pensiero” non si riduce alla distruzione del passato ma guarda alla costruzione del futuro.

L’equazione Renzi = rottamatore ha funzionato alla grande, facendo salire il sindaco di Firenze agli onori della politica nazionale. Ma era necessario un passo avanti, una via di uscita per evitare di scivolare nel magma dell’antipolitica.

La via scelta da Matteo è il “futuro”. Un tema che rischia, tuttavia, di essere terribilmente generico se non viene riempito di una progettualità puntuale. Lo sforzo di Renzi, ieri sera, è stato quello di concentrarsi su questa progettualità, fatta di Stati Uniti di Europa, di nuove regole per il merito, di razionalizzazione (non riduzione) della spesa pubblica e così via.

Se (se!) Renzi continuerà su questa strada, anche con qualche impopolare ma chiara presa di posizione, darà filo da torcere ai suoi avversari. Attento, Bersani.