Ha molto colpito i navigatori del Web la decisione di ieri di Steve Jobs, chief executive officer della Apple, di lasciare il suo ruolo per ragioni di salute.
Facciamo in bocca al lupo a Jobs e ricordiamo il suo famoso discorso del giugno 2005, tenuto all’università di Stanford in occasione della consegna dei diplomi (video).
In quell’occasione, Jobs diede dimostrazione delle sue grandi capacità oratorie, mettendo in campo figure retoriche raffinate.
Tra queste l’excusatio propter infirmitatem dell’incipit, l’attacco del discorso. In questo blog abbiamo incontrato più volte questa strategia dell’arte del dire, che consiste nello scusarsi per non sentirsi all’altezza del proprio ruolo di oratore:
«Sono onorato di essere con voi oggi, per la vostra laurea in una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. Ad essere sincero, questo è la cosa più vicina a una laurea, per me.»
Nel discorso a Stanford, Jobs racconta della propria malattia che, a quel tempo, sembrava superata. Anche raccontare qualcosa di sé è retorica. È un Erlebnis: un’esperienza personale ed emotiva che diventa una narrazione dal valore universale.
Jobs sintetizza il suo vissuto con una metafora:
«Qualche volta la vita ci colpisce come un mattone in testa.»
Quello di Stanford, è un discorso che mira alla motivazione: Jobs invita i ragazzi neolaureati a cercare e inseguire le proprie inclinazioni:
«Dovete trovare qualcosa che amate […]. Se ancora non l’avete trovato, continuate a cercare, non accontentatevi.»
L’explicit, la chiusura, riassume il senso dell’intera allocuzione ed è di una potenza dirompente:
“Stay hungry, stay foolish”
Può essere tradotto con “Siate bramosi, siate insensati”. Secondo Jobs, il desiderio di farcela e un po’ di follia sono gli ingredienti per la realizzazione personale, la felicità ma, soprattutto, per realizzare qualcosa di nuovo.
Probabilmente è così. Pensiamo a Galileo cui nessuno riusciva a togliere dalla testa che col cavolo che è il sole a girare intorno alla Terra; a Galvani che torturava le rane in nome dell’elettrofisiologia; a Marconi che andava matto per la radio o a quel pazzotico di Orwell che, nel 1948, aveva avuto una strana visione di una società futura controllata dai media. Ma quando mai!
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