Madiba ci ha lasciato, ma
le sue parole sono ancora tra noi. Discorsi Potenti lo ricorda con l’allocuzione
del processo
di Rivonia, tenuta il 20
aprile 1964.
Mandela è in carcere e,
insieme al gruppo dirigente dell’African National Congress, viene accusato di
sovversione e terrorismo. Si difende con un discorso della durata di quattro ore.
Sono tre i temi chiave dell’allocuzione:
le motivazioni che hanno portato l’African National Congress a ricorrere alla violenza
nella lotta contro l’Apartheid, il rifiuto dell’accusa di comunismo, la condanna alla discriminazione
nei confronti della popolazione nera del Sudafrica.
Mandela conduce con
pacatezza il ragionamento.
Il primo tema è certamente
il più spinoso per un leader politico che intende essere anche una guida morale
del suo Paese. Il ricorso alla violenza come forma di lotta viene supportata
da un’argomentazione che intende condurre
chi ascolta a considerare il sabotaggio e la guerriglia mali minori per evitare
il terrorismo.
“Noi dell’ANC [African National
Congress] abbiamo sempre sostenuto l’idea di una democrazia non razziale e ci
siamo astenuti da qualsiasi azione che potesse creare tra le nostre razze una
distanza ancor più grande di quella già esistente. […] Quando alcuni di noi
discussero la questione nel maggio e nel giugno del 1961, fu impossibile negare
che la nostra politica volta al raggiungimento di uno Stato non razziale
attraverso la non violenza non avesse portato a niente, e che i nostri
sostenitori iniziavano a perdere fiducia in questa linea politica e stavano
elaborando allarmanti idee terroristiche.”
“Dopo una lunga e tormentata
valutazione della situazione sudafricana, io e alcuni colleghi giungemmo alla
conclusione che, poiché la violenza nel Paese era ormai inevitabile, sarebbe
stato irrealistico e sbagliato per i leader africani continuare a predicare la
pace e la non violenza in un momento in cui il governo rispondeva con la forza
alle nostre richieste pacifiche. […] Nel manifesto dell’Umkhonto [ala militare
dell’ANC], pubblicato il 16 dicembre 1961, dichiaravamo:
«Nella vita di ogni nazione c’è un
momento in cui rimangono soltanto due alternative: sottomettersi o lottare»”
Per il secondo tema, il
rifiuto dell’accusa di comunismo, Mandela ricorre a un paragone che lascia poco spazio alla
replica.
“Un’altra accusa avanzata dal
pubblico ministero è che gli obiettivi e gli scopi dell’ANC fossero gli stessi
del Partito Comunista. […] In nessun momento della sua storia l’ANC ha
sostenuto la necessità di un cambiamento rivoluzionario nella struttura
economica del Paese, né, a quanto ricordi, ha mai condannato la società
capitalista. […]
È vero che c’è stata spesso una
stretta collaborazione tra ANC e Partito Comunista, ma tale collaborazione è
semplicemente la prova di un obiettivo comune, in questo caso l’abolizione
della supremazia dei bianchi, e non di una totale comunione di interessi.
Ecco che arriva il
paragone.
“La storia mondiale è piena di esempi
analoghi. Forse il più eclatante è quello della collaborazione tra Gran
Bretagna, Stati Uniti d’America e Unione Sovietica nella lotta contro Hitler.
Nessuno, eccetto Hitler, avrebbe osato insinuare che tale collaborazione
rendesse Churchill o Roosvelt dei comunisti o degli strumenti del comunismo, né
che la Gran Bretagna e l’America si stessero adoperando per creare un mondo
comunista.”
Il discorso al processo di
Rivonia è per Mandela anche un’occasione per sottolineare l’assurdità della
discriminazione. Per farlo usa l’espediente retorico dell’esempio.
“Ogni volta che c’è da trasportare o
da pulire qualcosa, l’uomo bianco si guarda intorno in cerca di un africano che
lo faccia al posto suo, indipendentemente dal fatto che questi sia al suo
servizio oppure no. […] I bianchi tendono a considerare gli africani come
appartenenti a una specie diversa. Non li vedono come persone che hanno una
famiglia, non si rendono conto che provano emozioni, che si innamorano proprio
come i bianchi, che desiderano stare con la moglie e i figli proprio come i
bianchi, che vogliono guadagnare abbastanza da mantenere adeguatamente la loro
famiglia, da nutrire i figli, vestirli e mandarli a scuola.”
I neri di Mandela avevano diritto alla loro “fetta di Sudafrica”. Le sue parole ci ricordano come tutti, anche gli ultimi,
abbiamo diritto alla loro fetta di mondo.
http://www.youtube.com/watch?v=-CNewYDzeDg
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