giovedì 13 febbraio 2014

Enrico Letta a Palazzo Chigi: quel “non detto” anti Renzi

Il fuoco peggiore è il fuoco amico. Enrico Letta, ieri a Palazzo Chigi, ha dimostrato di voler lottare fino all’ultimo contro il nemico interno Matteo Renzi.

Prima, con un eufemismo, ha definito “franco e sincero” l’incontro con il suo antagonista nel quale, presumibilmente, ci sarà stata una tensione da tagliare con il coltello.

Poi, a Palazzo Chigi, ha portato la sua argomentazione chiave: la schiettezza sulle proprie mire come forma di rispetto nei confronti delle Istituzioni. Il presupposto implicito, il non detto, è: chi trama non ha rispetto per le Istituzioni e per il Paese, non vi fidate. Ora frega me, domani toccherà a voi.
“Ieri sera mi hanno chiamato diversi vostri colleghi [giornalisti] per chiedere… Giravano voci di… Ma le dimissioni non si danno per dicerie, per manovre di Palazzo, perché un retroscena dice questo. Io penso che il rispetto nei confronti delle istituzioni voglia dire che ognuno debba pronunciarsi esplicitamente. Ognuno deve dire che cosa vuol fare. Mi verrebbe da dire soprattutto chi vuole venire qui al posto mio deve dire che cosa vuol fare. […] Ognuno di noi deve giocare assolutamente a carte scoperte.”

Il premier ha anche ostentato il distacco di chi ha giocato la sua partita con correttezza. Anche in questo caso c’è una presupposizione, un non detto: Renzi, l’antagonista, non dimostrato lealtà. Il concetto viene tradotto con un linguaggio tipico della generazione dei quarantenni, condendosi con “hashtag” e “Zen”.
“L'hashtag potrebbe essere 'IoSonoSereno, anzi zen' mi verrebbe da dire. Se mi andasse male questa vicenda penso che potrei andare in qualsiasi posto a insegnare pratiche zen".


Letta continuerà con lo stile del non detto? Aspettiamo gli sviluppi in streaming

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