mercoledì 2 luglio 2014

Grillo e la fallacia dei soldi europei alla mafia


I discorsi pubblici sono ricchi di fallacie, errori nel ragionamento che vengono messi in campo per produrre un effetto persuasivo.
Non dobbiamo gridare allo scandalo perché è assolutamente normale. Non solo in politica, ma anche sul lavoro e in famiglia. Tutti noi siamo produttori consapevoli o inconsapevoli di fallacie. Quante volte abbiamo sentito dire (o abbiamo detto) a un figlio: “Zitto tu, che non ti sei rifatto neanche il letto questa mattina!”. Naturalmente la mancata attenzione all’ordine non è di per sé una prova che il diretto interessato non abbia qualcosa di importante da dire.
Beppe Grillo è il re della fallacia. Ieri a Bruxelles non ha voluto farsi rubare la scena dall’euroscettico Nigel Farage che aveva platealmente voltato le spalle ai musicisti che eseguivano l’Inno alla gioia di Beethoven, in occasione dell’inaugurazione dell’ottava legislatura del Parlamento Europeo.
“L’inno alla gioia è stato usato da Hitler e dai più grandi killer della storia.
I logici che studiano le fallacie la chiamano generalizzazione indebita: si trae una conclusione generale, considerando solo casi particolari.
Un’altra generalizzazione indebita:
“Io sono venuto qui a guardare i conti e a dire di non dare più i soldi all’Italia perché scompaiono in tre regioni: Sicilia, Calabria e Campania. Dove ci sono la mafia, la `ndrangheta e la camorra”.
Il fatto che parte dei soldi Ue siano stati intercettati dalla mafie non significa che debbano essere tolti all’Italia, negando ai tanti cittadini onesti il sacrosanto diritto di usufruirne.

Uscendo dal campo della logica, più che una fallacia la chiamerei una “zappata sui piedi” degli italiani. Non ce la meritiamo. 

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