Niente da fare, Matteo
Renzi rimane un fuori classe dell’oratoria. È sicuro, parla a braccio,
sottolinea quello che dice con il linguaggio del corpo. Ieri a Strasburgo,
l’unica che non è riuscito a coinvolgere è stata la ministra Mogherini che gli
sedeva accanto immobile come una statua di cera.
Nel suo discorso di
apertura del Semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea è riuscito a
ricostruire la fierezza dell’Italia, troppo spesso considerata la cialtrona
d’Europa, il Paese per il quale gli altri devono pagare i conti.
“Faremo sentire la forza di chi è un
grande paese e di chi contribuisce al bilancio dell’Unione in modo maggiore di
quanto incassa”
Le sue parole hanno
riportato l’attenzione sui valori identitari e culturali del continente. Lo
hanno fatto con una sineddoche, la
sostituzione di un termine con un altro con il quale il primo ha un rapporto di
vicinanza: la “moneta” per indicare gli aspetti economici.
“Ma non è semplicemente nella moneta
che abbiamo in tasca il nostro destino”
Un espediente linguistico
per ricordare che l’Europa non è solo conti, ragioneria, spread, ma può essere
anche luogo di innovazione e crescita. Un ruolo che l’Europa ha svolto nel
passato e che, oggi, sembra seppellito dall’austerità, i rantoli razzisti,
l’appiattimento del discorso sulla questione euro-sì-euro-no.
L’immagine è di un
continente statico e impolverato che Renzi vuole trasformare utilizzando
l’antidoto del “duepuntozerese”:
“Se oggi l’Europa facesse un selfie, che immagine verrebbe fuori?
Posso dirlo con estrema preoccupazione? Emergerebbe il volto della stanchezza.
In alcuni casi della rassegnazione”
Renzi sottolinea anche che
l’Europa non può essere un “puntino su Google map”.
E, poi, tanta cultura.
Riferimenti alla nostra tradizione per mettere i puntini sulle i:
“[L’Italia] Un paese che ha dalla sua
parte non soltanto la storia ma il futuro”
Ecco, allora, che il
premier evidenzia come Italia e Grecia, dal quale il nostro Paese prende il
testimone della Presidenza Ue, sono il luogo di nascita della civiltà
occidentale. Cita Anchise ed Enea, Percicle e Cicerone, l’agora e il foro, il
tempio e la chiesa, il Partenone e il Colosseo.
Ancora fierezza: due dei
fanalini di coda dell’Europa hanno ancora qualcosa da insegnare.
Non manca un classico
renziano. Il contrasto deciso alla cultura dei piagnoni, di quelli che
aspettano e non vogliono dare nulla in cambio. Anche in questo caso il premier
si avvale di un riferimento culturale: la generazione Telemaco.
“All’inizio dell’Odissea, Atena lo
chiama e gli dice non penserai mica di stare qui ad attendere.”
“La nostra generazione ha il dovere
di riscoprirsi Telemaco. Ha il dovere di meritare l’eredità” “Il dono dei
nostri padri è una conquista da rinnovare giorno dopo giorno”
John F. Kennedy diceva: “Non
chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il
tuo paese”. Telemaco, datti una mossa.
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