Le vie del
populismo sono infinite. Nella conferenza stampa di fine anno, Matteo Renzi ha
illustrato la “storia” del 2015, mettendo in campo un gufetto parlante nel
ruolo del saccente e fastidioso antagonista. Una prosopopea, una figura
retorica che consiste nel far parlare esseri inanimati o animali, proprio come
avviene nelle favole. Il lupo tentatore di cappuccetto rosso, il grillo
so-tutto-io di Pinocchio, fino ad arrivare ai tre porcellini che disquisiscono
di tecniche architettoniche.
Al di là
del giudizio politico – che non è oggetto di questo blog – con il gufetto il
premier ha attivato almeno tre strategie classiche del populismo: il parlare
agli occhi, rappresentando con un animale portatore di sfiga l’opposizione
politica; la polarizzazione, obbligando l’uditorio a una scelta forzata (o con
me o contro di me); l’individuazione di un nemico, costringendo chi non è d’accordo
ad assumere il ruolo dello iettatore.
Per
allontanare da sé l’etichetta di “populista”, Matteo ricorre a una battuta: “politica
batte populismo quattro a zero”. Excusatio non petita?
Nessun commento:
Posta un commento