Il confronto-scontro tra le decision maker del lavoro ci fa assistere alla messa in campo di tre strategie argomentative.
La posta in gioco è la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che vieta in licenziamento non motivato da una giusta causa.
Susanna Camusso esprime il suo dissenso:
«dicono riforma del lavoro, in realtà sono licenziamenti facili».
Mette, poi, in discussione l’iniziativa del ministro Elsa Fornero minandone la credibilità. Lo fa trasformando in un punto di debolezza un aspetto che oggi, nel sentire comune, è considerato un punto di forza: essere parte di un governo tecnico di professori.
«Scendete dalle cattedre e guardate i disoccupati» e ancora, rivolto alla Fornero: «Scenda dall’empireo, venga al mondo, discuta con i sindacati.»
La Fornero risponde contestando lo stile di comunicazione della Camusso, considerandolo antiquato, un retaggio del dei tempi andati:
«Sono dispiaciuta per un linguaggio che pensavo appartenesse al passato.»
Emma Marcegaglia è più decisa. Svaluta quelli che per la cultura italiana sono “principi indiscutibili” – la stabilità del lavoro, la giusta causa – definendoli tribali.
«Oggi non ci sono più né totem tabù. Abbiamo rigidità in uscita dalle aziende senza eguali negli altri Paesi europei».
Tre leader, tre tecniche linguistiche.
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