sabato 26 aprile 2014

Wojtyla: istruzioni per parlare chiaro


 In occasione della canonizzazione di Wojtyla, riprendiamo da “Discorsi potenti” un allocuzione del papa rivolta ai ragazzi: Discorso ai giovani giunti da ogni parte del mondo per celebrare il Giubileo della Redenzione”, Roma, 14 aprile 1984.

È un discorso nel quale Giovanni Paolo II mette in guardia l’uditorio nei confronti di quello che viene definito «progresso micidiale», un’evoluzione scientifica e tecnologica cui non segue un adeguato miglioramento delle condizioni sociali e morali. In altre parole, siamo dotati di smart phone, ma rimaniamo impotenti di fronte alle migliaia di bambini mendici che popolano le nostre città. È un progresso parziale e deforme, che lascia indietro le fasce deboli della società e genera malessere e conflitto.

I giovani sono chiamati a combattere queste storture, offrendo agli adulti l’audacia e l’energia del proprio senso critico. Questo, sostiene Giovanni Paolo II, è il loro ruolo nel mondo.
L’attenzione agli “ultimi” di Wojtyla porta Mikhail Gorbaciov a dare del papa una definizione singolare: «sua Santità è la persona più a sinistra, perché nessuno parla con tanta passione e tanto dolore della povertà di quei milioni di persone che sono tagliati fuori da una vita normale» (La Storia siamo noi, 3 giugno 2007).

Wojtyla ha creduto fermamente nell’importanza del ruolo dei giovani nella società e tale convinzione lo ha portato a promuovere 19 edizioni della Giornata Mondiale della Gioventù. Iniziative che rispondono a un disegno più ampio, che delinea una nuova figura di papa: un uomo dinamico e votato al contatto con i fedeli e con il mondo, fiducioso nel futuro.

Già nel 1979 a Varsavia, Giovanni Paolo II esplicita questo proposito: «il papa non poteva più restare “prigioniero del Vaticano”. Doveva diventare nuovamente il Pietro peregrinante» (Santa messa, Omelia di Sua Santità Giovanni Paolo II, piazza della Vittoria, Varsavia, 2 giugno 1979.). Una linea che papa Francesco sta interpretando con particolare carattere e decisione.

Nel discorso ai giovani del 1984, Wojtyla esprime con chiarezza dove vuole arrivare e sottolinea i passaggi chiave autocommentandosi (metalinguistica). Esprime, cioè, esplicitamente quali sono i temi fondamentali del suo dire e su quali aspetti di esso deve concentrarsi maggiormente chi lo ascolta. È questo un espediente comunicativo utile nei discorsi che hanno una finalità didattica, ma può essere utilizzato con successo ogni qualvolta si voglia orientare l’attenzione dell’uditorio.

Nell’allocuzione ai giovani del 1984, il Papa usa la metalinguistica con precisione ritmica, esplicitando la griglia concettuale che sta seguendo: «Da un tale augurio [augurio per la Domenica della Palme] desumo l’argomento del mio discorso. Problema reale della vita è, infatti, quello di verificare, innanzitutto, quale sia il posto della gioventù nel mondo presente. Ma io preferisco, anziché parlare in astratto, rivolgermi direttamente a voi e dialogare con voi: parlerò, dunque, del vostro posto, e dirò subito che esso è garantito, vi è “riservato”, è vostro di diritto per la semplice ed elementare ragione del ricambio generazionale. Dove oggi sono gli adulti, o gli anziani, lì sarete un giorno voi stessi […]».

I temi da affrontare vengono sottolineati anche dalle domande retoriche: «E che cosa spetta a voi, cari giovani? Io direi, secondo quanto ho sopra accennato, che a voi spetta una sorta di funzione profetica: voi potete svolgere un’azione di denuncia contro i mali di oggi parlando innanzitutto contro quella diffusa “cultura di morte” che, almeno in certi contesti etnico sociali (per fortuna, non dappertutto), si rivela come un pericoloso piano inclinato di scivolamento e di rovina».

Wojtyla fornisce inoltre istruzioni precise su ciò che i giovani devono fare:
«Sta a voi, cari giovani […] offrire un personale contributo al superamento di situazioni insoddisfacenti, traendo ispirazione dalla vostra fede e forza dal vostro dinamismo. Voi lo potete fare mantenendo aperto il dialogo con gli adulti e parlando loro con franchezza, libera da ogni acrimonia: noi – direte a loro – riconosciamo e traiamo vantaggio da ciò che ci offrite; noi non vi addebitiamo i frutti e i comfort del progresso; noi non neghiamo i vostri meriti; ma vi chiediamo di poter essere al vostro fianco nell’eliminare certe storture, nel superare le perduranti ingiustizie […]. Non basta denunciare: occorre impegnarsi in prima persona».

Il mondo è una scoperta continua. Oltre alla miseria e all’ingiustizia, ospita la bellezza, la bontà, la forza. Ma bisogna saper guardare: «Se saprete guardare al mondo con gli occhi nuovi, che la fede vi dona, allora voi saprete andare incontro a esso con le mani tese in un gesto d’amore. Voi saprete scoprire in esso, in mezzo a tanta miseria e a tanta ingiustizia, presenze insospettate di bontà, affascinanti prospettive di bellezza, fondati motivi di speranza in un domani migliore». Per chi crede, gli “occhi nuovi” sono gli occhi della fede. Per chi non crede, sono quelli dell’etica o dell’onesta o dell’altruismo. L’importante è non chiudere gli occhi. Mai.


Il discorso completo lo trovi qui: http://www.retoricatiamo.it/reto-%E2%80%A2-discorsi/wojtyla-giovani/


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