È un discorso nel quale
Giovanni Paolo II mette in guardia l’uditorio nei confronti di quello che viene
definito «progresso
micidiale», un’evoluzione scientifica e tecnologica cui non segue un
adeguato miglioramento delle condizioni sociali e morali. In altre parole,
siamo dotati di smart phone, ma rimaniamo impotenti di fronte alle migliaia di
bambini mendici che popolano le nostre città. È un progresso parziale e
deforme, che lascia indietro le fasce deboli della società e genera malessere e
conflitto.
I giovani sono chiamati a
combattere queste storture, offrendo agli adulti l’audacia e l’energia del
proprio senso critico. Questo, sostiene Giovanni Paolo II, è il loro ruolo nel
mondo.
L’attenzione agli
“ultimi” di Wojtyla porta Mikhail Gorbaciov a dare del papa una
definizione singolare: «sua Santità è la persona più a sinistra, perché nessuno
parla con tanta passione e tanto dolore della povertà di quei milioni di
persone che sono tagliati fuori da una vita normale» (La
Storia siamo noi, 3 giugno 2007).
Wojtyla ha creduto
fermamente nell’importanza del ruolo dei giovani nella società e tale
convinzione lo ha portato a promuovere 19 edizioni della Giornata Mondiale
della Gioventù. Iniziative che rispondono a un disegno più ampio, che delinea
una nuova figura di papa: un uomo dinamico e votato al contatto con i fedeli e
con il mondo, fiducioso nel futuro.
Già nel 1979 a Varsavia, Giovanni
Paolo II esplicita questo proposito: «il papa non poteva più restare “prigioniero del Vaticano”.
Doveva diventare nuovamente il Pietro peregrinante» (Santa messa, Omelia
di Sua Santità Giovanni Paolo II, piazza della Vittoria,
Varsavia, 2 giugno 1979.). Una linea che papa Francesco sta interpretando con
particolare carattere e decisione.
Nel discorso ai giovani
del 1984, Wojtyla esprime con chiarezza dove vuole arrivare e sottolinea i passaggi
chiave autocommentandosi (metalinguistica). Esprime, cioè, esplicitamente
quali sono i temi fondamentali del suo dire e su quali aspetti di esso deve
concentrarsi maggiormente chi lo ascolta. È questo un espediente comunicativo
utile nei discorsi che hanno una finalità didattica, ma può essere utilizzato
con successo ogni qualvolta si voglia orientare l’attenzione dell’uditorio.
Nell’allocuzione ai
giovani del 1984, il Papa usa la
metalinguistica con precisione ritmica, esplicitando la griglia concettuale
che sta seguendo: «Da un tale augurio [augurio per la Domenica della Palme]
desumo l’argomento del mio discorso. Problema reale della vita è, infatti, quello di
verificare, innanzitutto, quale sia il posto della gioventù nel mondo presente.
Ma
io preferisco, anziché parlare in astratto, rivolgermi direttamente a voi e
dialogare con voi: parlerò, dunque, del vostro posto, e dirò subito che esso è garantito, vi è
“riservato”, è vostro di diritto per la semplice ed elementare ragione del ricambio
generazionale. Dove oggi sono gli adulti, o gli anziani, lì sarete un giorno voi
stessi […]».
I temi da affrontare
vengono sottolineati anche dalle domande retoriche: «E che cosa
spetta a voi, cari giovani? Io direi, secondo quanto ho sopra accennato, che a voi spetta
una sorta di funzione profetica: voi potete svolgere un’azione di denuncia
contro i mali di oggi parlando innanzitutto contro quella diffusa “cultura di morte”
che, almeno in certi contesti etnico sociali (per fortuna, non dappertutto), si
rivela come un pericoloso piano inclinato di scivolamento e di rovina».
Wojtyla
fornisce inoltre istruzioni precise
su ciò che i giovani devono fare:
«Sta a voi, cari giovani
[…] offrire un personale contributo al superamento di situazioni
insoddisfacenti, traendo ispirazione dalla vostra fede e forza dal vostro
dinamismo. Voi lo potete fare mantenendo aperto il dialogo con gli adulti e
parlando loro con franchezza, libera da ogni acrimonia: noi – direte a loro –
riconosciamo e traiamo vantaggio da ciò che ci offrite; noi non vi addebitiamo
i frutti e i comfort del progresso; noi non neghiamo i vostri meriti; ma vi
chiediamo di poter essere al vostro fianco nell’eliminare certe storture, nel superare
le perduranti ingiustizie […]. Non basta denunciare: occorre impegnarsi in
prima persona».
Il
mondo è una scoperta continua. Oltre alla miseria e all’ingiustizia, ospita la
bellezza, la bontà, la forza. Ma bisogna saper guardare: «Se saprete guardare al mondo con gli occhi nuovi, che
la fede vi dona, allora voi saprete andare incontro a esso con le mani tese in un
gesto d’amore. Voi saprete scoprire in esso, in mezzo a tanta miseria e a tanta
ingiustizia, presenze insospettate di bontà, affascinanti prospettive di
bellezza, fondati motivi di speranza in un domani migliore». Per chi
crede, gli “occhi nuovi” sono gli occhi della fede. Per chi non crede, sono
quelli dell’etica o dell’onesta o dell’altruismo. L’importante è non chiudere
gli occhi. Mai.
Il
discorso completo lo trovi qui: http://www.retoricatiamo.it/reto-%E2%80%A2-discorsi/wojtyla-giovani/
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