Capita di essere a corto di risposte. Ma capita anche di essere a corto di domande.
Ieri sera su Rete 4 è andato in onda Invictus, il film di Clint Eastwood del 2009 dedicato a Nelson Mandela. Il presidente del Sudafrica, interpretato da un incredibile Morgan Freeman, si pone la domanda che tutti i leader, i genitori, gli educatori hanno in mente, ma che non riescono a esprimere con la stessa limpidezza: come fare a rendere le persone che si guidano migliori di quanto loro stesse credano di essere?
La formula non esiste. Esistono tentativi, insuccessi e qualche successo. Ma il fatto stesso di porsi la domanda ci porta più vicino alla meta.
Nel film, Mandela - primo presidente eletto dopo l’apartheid - si trova a governare un Paese profondamente diviso tra neri e bianchi. È il 1995 e il Sudafrica ospita la Coppa del mondo di rugby, uno sport odiato dai neri e amato dai bianchi, gli afrikaner.
Mandela considera strategica la vittoria degli Springboks, la nazionale di rugby, nella speranza che l’esultanza comune possa unire tutti i sudafricani e farli diventare “un” popolo.
Per ottenere questo risultato, cerca di ispirare il capitano della squadra François Pienaar (Matt Damon).
Mandela: Dimmi François, qual è la tua filosofia della leadership. Come ispiri la tua squadra a dare il meglio?
François: Con l’esempio, ho sempre dato l’esempio per guidarli.
Mandela: Oh, questo è giusto, sì. Questo è sacrosanto. Ma come fare a renderli migliori di quanto loro credano di essere? È questo che io trovo difficile. Con l’ispirazione è possibile. Ma come facciamo a ispirarci alla grandezza quando niente di meno ci può bastare. Come facciamo a ispirare quelli che ci circondano? A volte io credo che la risposta sia nel lavoro di altri. A Robben Island, quando le cose si mettevano male, trovavo ispirazione in una poesia.
François: Una poesia?
Mandela: Una poesia vittoriana. Solo parole. Ma mi davano la forza di stare in piedi quando tutto ciò che volevo era lasciarmi andare. Però tu non sei venuto fin qui per sentire un vecchio che parla di cose prive di senso.
François: No, no, la prego signor presidente, hanno molto senso per me. Prima di una grossa partita, che so di un test, sul pullman prima di andare allo stadio, non parla nessuno.
Mandela: Ah ecco. Si stanno preparando…
François: Esatto. Ma quando sento che siamo pronti, io chiedo al nostro autista una canzone. Una di mia scelta, ma che conosciamo tutti. E insieme ascoltiamo le parole. Ci aiuta.
Mandela: Io ricordo quando mi invitarono alle Olimpiadi del ’92 a Barcellona. Tutti i presenti allo stadio mi accolsero con una canzone. A quei tempi il futuro, il nostro futuro, sembrava molto fosco. Ma, a sentire quella canzone intonata dalle voci di tutto il pianeta, mi fece sentire orgoglioso di essere sudafricano. Mi diede l’ispirazione di tornare a casa e fare meglio. E mi incoraggiò a pretendere di più da me stesso.
[…] Abbiamo bisogno di ispirazione, François, perché per poter costruire la nostra nazione dobbiamo tutti cercare di superare le nostre aspettative.
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