“Come ho detto che non avrei fatto un
esecutivo a tutti i costi, così oggi ti dico che non andrò avanti a tutti i
costi.”
Nel pulmino che porta i
ministri al ritiro di Sarteano, Enrico Letta ha usato queste parole per esprimere
il suo disappunto nei confronti della manifestazione del Pdl contro i giudici.
Essere pronti a mollare
tutto è un’argomentazione che ha la sua efficacia. Porta chi la pronuncia a
conquistare una condizione di felicità
del dire, di vantaggio, di autorevolezza in uno specifico contesto. C’è
però un effetto collaterale: il rischio di dover mollare tutto.
“La minore, extracomunitaria, persona
– lo ripeto – intelligente, furba, di quella furbizia proprio orientale…”
Nella requisitoria nel
corso del processo Ruby, Ilda Boccassini ha definito in questo modo quella che
al tempo era una ragazzina, perché una diciassettenne è sempre una ragazzina. È
stata una gaffe, non ci sono dubbi. Ma la Boccassini ha perso autorevolezza, felicità del dire.
Parole felici e parole
infelici. Il dire non è mai neutro. O meglio lo è se è insapore e inodore, come
quando “si auspica il dovuto dialogo”. Con l’auspicio del dovuto dialogo non si
sbaglia mai, ma si dice poco o niente.
Nessun commento:
Posta un commento