Le impennate oratorie
del premier Renzi di questi ultimi giorni rientrano nella tradizione più
classica dell’arte del dire. Chi segue “Discorsi potenti” sa che questo non ha
per me un’accezione negativa. Al contrario. La retorica è fatta anche di
luoghi, di topos, ossia di argomentazioni ricorrenti di sicuro effetto e di facile
reperimento.
È un topos la
“speranza”. Lo sa bene Barack Obama, uno dei più grandi retori dei nostri
giorni che, nel 2006, ne fece la sua bandiera con il libro “The Audacity of
Hope. Thoughts on Reclaiming the American Dream”.
Giovedì scorso, in
Emilia, Renzi si è beccato i fischi della piazza e ha reagito mettendo in campo
proprio il topos della speranza:
“In piazza ci vado, i
fischi me li prendo ma è giusto continuare ad affrontare i problemi provando a
risolverli. Perché il nostro compito è dare una speranza, il mio obiettivo è
creare posti di lavoro, non ridurli.”
Nella lettera di ieri a
La Repubblica, il premier insiste su questa argomentazione:
“[…] nei comportamenti concreti, nelle
scelte strategiche, il Pd sa da che parte stare.
Dalla parte dei più deboli, dalla parte della speranza e della fiducia
in un futuro che va costruito insieme.” (22 novembre 2014, clicca qui)
Altro topos è l’atteggiamento della vittima, dell’agnus dei che si sacrifica per il
bene della collettività. La politica
viene presentata come atto estremo di altruismo nei confronti dei cittadini,
come martirio.
“… non arretro nemmeno davanti ai fischi e agli insulti. " ( 22 novembre 2014, clicca qui)
Quella dell’agnus dei è una strategia retorica che troviamo
anche nel Berlusconi della campagna elettorale 2013, “costretto” a partecipare
per l’ennesima volta alla competizione politica:
"Io avevo già abbandonato la politica. Restavo nel mio
movimento politico come padre fondatore., i ero già fatto un programma che mi
attraeva moltissimo. Quello di costruire tanti ospedali per bambini nel mondo.
Quello di aprire un'università dove i miei colleghi, i più importanti leader
mondiali degli ultimi vent'anni, potessero direttamente insegnare ai giovani
che si avviavano a essere dei politici con il senso tuttavia della politica
come servizio agli altri. A insegnare a questi giovani come si governa un Paese
nella democrazia e nella libertà. [...] Solo che avevamo immaginato un'apertura
a marzo ma mi sa che non ce la faremo perché io mi dovrò dedicare, come mi sto
dedicando, al Paese." (Servizio Pubblico, 10 gennaio
2013)
Altro argomento, altro topos per Matteo Renzi. Ancora un
classico: “il paradosso del comunicatore”, la frustrazione del re dei
comunicatori che non riesce a comunicare e viene, secondo lui ingiustamente,
criticato per non aver fatto abbastanza. Insomma, il ciabattino con le scarpe
rotte.
“Per
un governo che corre come il nostro c’è il rischio di lasciare oscurate
centinaia di norme importanti che vengono approvate nel silenzio” (20 novembre
2014).
Berlusconi
diceva: bisogna “cantare e portare la
croce” (qui la fonte).
Doppio
salto mortale: il paradosso del comunicatore e la strategia dell’agnus dei. Il
signor B. è ancora impareggiabile.