domenica 23 novembre 2014

Renzi e il paradosso del comunicatore


Le impennate oratorie del premier Renzi di questi ultimi giorni rientrano nella tradizione più classica dell’arte del dire. Chi segue “Discorsi potenti” sa che questo non ha per me un’accezione negativa. Al contrario. La retorica è fatta anche di luoghi, di topos, ossia di argomentazioni ricorrenti di sicuro effetto e di facile reperimento.

È un topos la “speranza”. Lo sa bene Barack Obama, uno dei più grandi retori dei nostri giorni che, nel 2006, ne fece la sua bandiera con il libro “The Audacity of Hope. Thoughts on Reclaiming the American Dream”.

Giovedì scorso, in Emilia, Renzi si è beccato i fischi della piazza e ha reagito mettendo in campo proprio il topos della speranza:
“In piazza ci vado, i fischi me li prendo ma è giusto continuare ad affrontare i problemi provando a risolverli. Perché il nostro compito è dare una speranza, il mio obiettivo è creare posti di lavoro, non ridurli.”

Nella lettera di ieri a La Repubblica, il premier insiste su questa argomentazione:
“[…] nei comportamenti concreti, nelle scelte strategiche, il Pd sa da che parte stare. Dalla parte dei più deboli, dalla parte della speranza e della fiducia in un futuro che va costruito insieme.” (22 novembre 2014, clicca qui

Altro topos è l’atteggiamento della vittima, dell’agnus dei che si sacrifica per il bene della collettività. La politica viene presentata come atto estremo di altruismo nei confronti dei cittadini, come martirio.
“… non arretro nemmeno davanti ai fischi e agli insulti. " (22 novembre 2014, clicca qui)
Quella dell’agnus dei è una strategia retorica che troviamo anche nel Berlusconi della campagna elettorale 2013, “costretto” a partecipare per l’ennesima volta alla competizione politica:

"Io avevo già abbandonato la politica. Restavo nel mio movimento politico come padre fondatore., i ero già fatto un programma che mi attraeva moltissimo. Quello di costruire tanti ospedali per bambini nel mondo. Quello di aprire un'università dove i miei colleghi, i più importanti leader mondiali degli ultimi vent'anni, potessero direttamente insegnare ai giovani che si avviavano a essere dei politici con il senso tuttavia della politica come servizio agli altri. A insegnare a questi giovani come si governa un Paese nella democrazia e nella libertà. [...] Solo che avevamo immaginato un'apertura a marzo ma mi sa che non ce la faremo perché io mi dovrò dedicare, come mi sto dedicando, al Paese." (Servizio Pubblico, 10 gennaio 2013)
Altro argomento, altro topos per Matteo Renzi. Ancora un classico: “il paradosso del comunicatore”, la frustrazione del re dei comunicatori che non riesce a comunicare e viene, secondo lui ingiustamente, criticato per non aver fatto abbastanza. Insomma, il ciabattino con le scarpe rotte.
“Per un governo che corre come il nostro c’è il rischio di lasciare oscurate centinaia di norme importanti che vengono approvate nel silenzio” (20 novembre 2014).
Berlusconi diceva: bisogna “cantare e portare la croce” (qui la fonte).

Doppio salto mortale: il paradosso del comunicatore e la strategia dell’agnus dei. Il signor B. è ancora impareggiabile.

1 commento:

  1. A proposito del motto berlusconiano, qualcuno, anni dopo, lo ha preso in parola. Provate a dare un'occhiata a questo link che parla di un ex europarlamentare che si è messo a cantare! Si chiama Tiziano Motti.
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/27/europee-eletto-udc-non-si-ricandida-e-rinasce-in-versione-rock-terminator/964995/

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