Quante figure ed espedienti stilistici ci offre la lingua. E quanti se ne possono usare in un’orazione! Nella collana “La forza delle parole”, pubblicata con L’espresso questa settimana, compare il Discorso alla porta di Brandeburgo di Ronald Reagan (video).
Nel giugno 1987 Reagan, presidente degli Stati Uniti dal 1981 al 1989, è per la seconda volta in visita ufficiale a Berlino. Il presidente si rivolge direttamente a Michail Gorbačëv, allora segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.
L’appello del presidente Usa prende la forma classica dell’invocazione:
«Segretario generale Gorbačëv, se cerca la pace, se cerca la prosperità per l’Unione Sovietica e l’Europa Orientale, se cerca la liberalizzazione, venga qui davanti a questa porta.
Segretario Generale Gorbačëv, apra questa pota.
Signor Gorbačëv abbatta questo muro!»
Nelle opere poetiche viene definita invocazione la richiesta, da parte dell’autore, dell’aiuto soprannaturale delle Muse o di Apollo per portare a termine il componimento.
Al di fuori del contesto poetico, l’invocazione si tinge dei colori della sfida.
Ronald Reagan mi ricorda D'Agostino e il suo edonismo reaganiano. Slogan che ha definito i nostri anni '80. Dal punto di vista linguistico l'invenzione di D'Agostino come si definisce?
RispondiEliminaIn generale il linguaggio di D'Agostino non è affatto banale. Ha a che fare con la classificazione sociologica, le neolingue (vedi Gadda) e i neologismi. Il tutto condito dal cazzeggio, che rende tutto estremamente sofisticato.
RispondiEliminaFlavia