Mi tengo ancora qualche giorno fuori dalla politica nostrana per seguire le pubblicazioni de L’Espresso. Questa settimana il libretto uscito con il settimanale riporta alcuni tra i più famosi discorsi di John e Robert Kennedy.
Prendo in considerazione l’allocuzione alla Convention nazionale democratica tenuta da John Kennedy a Los Angeles nel luglio 1960. Per intenderci, è il discorso in cui l’allora candidato alla presidenza degli Stati Uniti usa la ben nota espressione «nuova frontiera» (new frontier).
Tratterò la metafora «nuova frontiera» nel post John Kennedy 3, perché vorrei andare per ordine e segnalare qui un altro passaggio interessante, che è presente nello stesso discorso: una bella preterizione.
È una figura logica che permette all’oratore di fingere di voler tacere di un argomento, nel momento stesso in cui ne sta parlando.
La preterizione è presente nel linguaggio quotidiano, soprattutto quando si vuole dimostrare bontà d’animo o superiorità, senza però privarsi della soddisfazione di lanciare qualche frecciatina avvelenata. Un esempio:
«non voglio parlare di quanto sia spilorcio, incapace e puzzolente il mio collega Mario Rossi, perché sono una persona che odia i pettegolezzi».
Nel discorso alla Convention nazionale democratica, Kennedy usa una sofisticata preterizione per demolire il suo avversario Nixon e il partito repubblicano, in quel momento al potere:
«Noi tuttavia non stiamo solamente gareggiando contro il signor Nixon. Il nostro compito non è solamente quello di fare l’elenco degli insuccessi dei repubblicani. Cosa che poi non è affatto necessaria. Perché le famiglie cacciate dalle campagne sapranno per chi votare, senza che noi glielo diciamo. I minatori e gli operai tessili rimasti senza lavoro sapranno come votare. Gli anziani rimasti senza assistenza sanitaria, le famiglie senza una casa decorosa, i genitori senza possibilità di nutrire e istruire adeguatamente i loro figli, sanno tutti che è arrivato il momento di cambiare.»
Questo passaggio porta a una metafora potente, diretta conseguenza della preterizione appena citata:
«Siamo qui non per lamentarci del buio, ma per accendere la candela che ci può guidare attraverso quel buio, verso un futuro che ci veda sani e salvi.»
Prendo in considerazione l’allocuzione alla Convention nazionale democratica tenuta da John Kennedy a Los Angeles nel luglio 1960. Per intenderci, è il discorso in cui l’allora candidato alla presidenza degli Stati Uniti usa la ben nota espressione «nuova frontiera» (new frontier).
Tratterò la metafora «nuova frontiera» nel post John Kennedy 3, perché vorrei andare per ordine e segnalare qui un altro passaggio interessante, che è presente nello stesso discorso: una bella preterizione.
È una figura logica che permette all’oratore di fingere di voler tacere di un argomento, nel momento stesso in cui ne sta parlando.
La preterizione è presente nel linguaggio quotidiano, soprattutto quando si vuole dimostrare bontà d’animo o superiorità, senza però privarsi della soddisfazione di lanciare qualche frecciatina avvelenata. Un esempio:
«non voglio parlare di quanto sia spilorcio, incapace e puzzolente il mio collega Mario Rossi, perché sono una persona che odia i pettegolezzi».
Nel discorso alla Convention nazionale democratica, Kennedy usa una sofisticata preterizione per demolire il suo avversario Nixon e il partito repubblicano, in quel momento al potere:
«Noi tuttavia non stiamo solamente gareggiando contro il signor Nixon. Il nostro compito non è solamente quello di fare l’elenco degli insuccessi dei repubblicani. Cosa che poi non è affatto necessaria. Perché le famiglie cacciate dalle campagne sapranno per chi votare, senza che noi glielo diciamo. I minatori e gli operai tessili rimasti senza lavoro sapranno come votare. Gli anziani rimasti senza assistenza sanitaria, le famiglie senza una casa decorosa, i genitori senza possibilità di nutrire e istruire adeguatamente i loro figli, sanno tutti che è arrivato il momento di cambiare.»
Questo passaggio porta a una metafora potente, diretta conseguenza della preterizione appena citata:
«Siamo qui non per lamentarci del buio, ma per accendere la candela che ci può guidare attraverso quel buio, verso un futuro che ci veda sani e salvi.»
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