Arrivo al punto chiave del discorso di John Kennedy alla Convention nazionale democratica del 1960: la «nuova frontiera» (new frontier).
L’espressione è il punto culminante e il filo conduttore dell’intera allocuzione.
Con «frontiera» Kennedy fa riferimento ai pionieri americani che, nell’Ottocento, si sono spinti alla conquista dell’ovest del Paese: il Far West.
La «nuova frontiera» è quella degli anni Sessanta con le sfide della modernità: «E io vi dico che la nuova frontiera è qui, che noi la cerchiamo oppure no. Al di là si trovano i territori inesplorati della scienza e dello spazio, i problemi irrisolti della pace e della guerra, le sacche non debellate dell’ignoranza e del pregiudizio, le questioni irrisolte della povertà e della sovrapproduzione.
Sarebbe più facile ritirarsi da quella frontiera, per guardare alla sicura mediocrità del passato, per cullarci nelle buone intenzioni e nella retorica delle belle parole, e chi preferisce quella strada non dovrebbe votare per me, qualunque sia il suo partito politico.»
La strategia linguistica di attribuire una definizione originale a un concetto o a un’idea si rivela quasi sempre efficace. Tale pratica ha un interessante risvolto mediatico, perché i mezzi d’informazione sono particolarmente ricettivi nei confronti di formule e slogan e l’opinione pubblica tende a memorizzarli a farli propri.
Un esempio illustre è l’enunciazione «Una casa divisa non può stare in piedi»,
pronunciata da Abramo Lincoln nel 1858, per sostenere la necessità di unire l’America divisa dalla schiavitù.
Tornando a tempi più recenti, chi non ricorda lo «Yes we can» usato nel 2008 da Barack Obama nel corso delle primarie americane. Lo slogan ha avuto un effetto eco formidabile anche grazie will.i.am, il fondatore e produttore del gruppo pop rap Black Eyed Peas, che ne ha fatto una canzone scaricabile su youtube.com e dipdive.com.
Anche in Italia abbiamo esempi simili. Silvio Berlusconi ha lanciato lo slogan «L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio», a seguito dell’aggressione ricevuta il 13 dicembre 2010 a Milano dallo squilibrato Massimo Tartaglia. Lo slogan è diventato il titolo di un libro e il messaggio chiave della manifestazione organizzata dal Popolo della Libertà il 20 marzo a Piazza San Giovanni a Roma.
L’espressione è il punto culminante e il filo conduttore dell’intera allocuzione.
Con «frontiera» Kennedy fa riferimento ai pionieri americani che, nell’Ottocento, si sono spinti alla conquista dell’ovest del Paese: il Far West.
La «nuova frontiera» è quella degli anni Sessanta con le sfide della modernità: «E io vi dico che la nuova frontiera è qui, che noi la cerchiamo oppure no. Al di là si trovano i territori inesplorati della scienza e dello spazio, i problemi irrisolti della pace e della guerra, le sacche non debellate dell’ignoranza e del pregiudizio, le questioni irrisolte della povertà e della sovrapproduzione.
Sarebbe più facile ritirarsi da quella frontiera, per guardare alla sicura mediocrità del passato, per cullarci nelle buone intenzioni e nella retorica delle belle parole, e chi preferisce quella strada non dovrebbe votare per me, qualunque sia il suo partito politico.»
La strategia linguistica di attribuire una definizione originale a un concetto o a un’idea si rivela quasi sempre efficace. Tale pratica ha un interessante risvolto mediatico, perché i mezzi d’informazione sono particolarmente ricettivi nei confronti di formule e slogan e l’opinione pubblica tende a memorizzarli a farli propri.
Un esempio illustre è l’enunciazione «Una casa divisa non può stare in piedi»,
pronunciata da Abramo Lincoln nel 1858, per sostenere la necessità di unire l’America divisa dalla schiavitù.
Tornando a tempi più recenti, chi non ricorda lo «Yes we can» usato nel 2008 da Barack Obama nel corso delle primarie americane. Lo slogan ha avuto un effetto eco formidabile anche grazie will.i.am, il fondatore e produttore del gruppo pop rap Black Eyed Peas, che ne ha fatto una canzone scaricabile su youtube.com e dipdive.com.
Anche in Italia abbiamo esempi simili. Silvio Berlusconi ha lanciato lo slogan «L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio», a seguito dell’aggressione ricevuta il 13 dicembre 2010 a Milano dallo squilibrato Massimo Tartaglia. Lo slogan è diventato il titolo di un libro e il messaggio chiave della manifestazione organizzata dal Popolo della Libertà il 20 marzo a Piazza San Giovanni a Roma.
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