lunedì 6 giugno 2011
Collana “La forza delle parole” de L’Espresso: il manierismo di Che Guevara
Ernesto Che Guevara, il rivoluzionario di professione, era un manierista?
Ebbene sì.
Nel suo discorso all’incontro nazionale dei lavoratori dello zucchero, tenuto nel 1961 a Santa Clara, il Che si serve di immagini trite e stantie:
«Compagni, salutando voi, noi oggi salutiamo l’intero popolo di Cuba, perché Cuba, da quando è diventata una repubblica indipendente, vive sotto il segno dello zucchero […].
Questa assemblea di lavoratori e amministratori della produzione di zucchero ci mostra gli stesso volti, tutti scuriti dal sole, tutti induriti dal lavoro, e ci mostra le stesse mani rese callose dall’aver impugnato una qualunque delle armi di produzione.»
"volti scuriti dal sole", “mani callose”: quante volte l’abbiamo sentito!
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Beh, il Che ha avuto successo, diciamo così, per quello che ha fatto non per quello che ha detto. Più l'azione delle parole, insomma.
RispondiEliminaEra un rivoluzionario non un politico forse ha sbagliato chi lo ha voluto inserire in una collana dei grandi oratori. Secondo te si può essere grandi nella storia senza essere particolarmente dotati nel parlare?
L'esaltazione del lavoro operaio è un classico del comunismo, e classiche (trite, per me) sono le sue parole.
RispondiEliminaPer passare alla storia - credo - non sia necessario essere grandi oratori ma saper scegliere le parole giuste. E il Che ne era capace. In più aveva un bel faccino, molto fotogenico.