La proiezione di ieri sera del documentario "Silvio forever" su La7 ci ha fatto rivivere i momenti salienti dell'era Berlusconi. Per interpretare il fenomeno ci può aiutare Aristotele (wow!).
Mi spiego. Nell'intera berlusconeide ricorrono riferimenti alla vita privata del premier, che lui stesso cita per condividere con noi il suo mondo, reale o idealizzato: la mamma Rosa, il papà, le cinque zie suore, la tomba di famiglia progettata dall'artista Cascella, la passione per il calcio, l'amore per la famiglia, le parole che pronuncia alla sua stessa immagine davanti allo specchio (guarda caso dice: "mi piaccio"), l'hobby del giardinaggio, la passionaccia per le donne giovani e belle.
Una valanga di notazioni personali squadernate di fronte all'intero paese. Perché? La tecnica argomentativa di Silvio è basata su quello che Aristotele chiama pathos: una forma di persuasione che si basa sull'emotività. Berlusconi ha costruito il suo personaggio di padre-figlio-devoto-tifoso-latin-lover e ne ha fatto oggetto di una narrazione che ha appassionato e coinvolto la maggioranza dei cittadini-votanti.
Che gli elementi della narrazione siano reali non è poi così importante. È importante, invece, la costruzione di un personaggio che genera immedesimazione e simpatia negli elettori.
Aristotele distingue il pathos da altri due strumenti di persuasione: l'ethos e il logos. Il primo si basa sulla credibilità dell'oratore, il secondo sulla forza del ragionamento.
Nella comunicazione di tutti i politici - e di tutti noi - ethos, logos e pathos vengono messi in campo a seconda del contesto, ma il pathos sembra essere molto gettonato, soprattutto nella costruzione di un personaggio.
Berlusconi, dunque, non è solo con il suo pathos. Pensiamo a Obama, del quale proprio in questi giorni è uscito in Italia il libro "Di voi io canto", una lettera aperta dedicata alle sue figlie. Ma questo è già l'argomento di un un altro post.
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