Fini, Mirabello, 5 settembre 2010
Gianfranco Fini a Mirabello sceglie uno stile profetico: constata l’ora del decesso di un Pdl che non è affatto morto. È una precisa strategia retorica per minare le fondamenta di un partito che, il 29 luglio 2010, lo ha espulso per diversità di vedute. Questo il meccanismo linguistico: si dà per scontato l’epilogo sfavorevole della storia del proprio avversario per indebolirlo e orientarne il futuro in senso negativo. Ricordiamo che nel Vecchio Testamento la funzione del profeta non è solamente la predizione di un futuro, ma anche l’attestazione di una verità – data per assodata e assoluta - che inevitabilmente prepara un futuro.
«Il Pdl, come lo avevamo concepito e voluto, è finito il 29 luglio perché è venuta meno la volontà di dar vita a quel confronto di idee che è il sale della democrazia. Il Pdl non c’è più, ora c’è il partito del predellino. Per certi aspetti il Pdl è Forza Italia che si è allargata con qualche colonnello o capitano che ha soltanto cambiato generale e magari è pronto a cambiarlo ancora. E il fatto che il Pdl non c’è più è la ragione per la quale è facile rispondere alla domanda: cosa accadrà? Ed è molto più facile rispondere se si ragiona, piuttosto che se ci si fa prendere dai desideri o dalle paure. Fli non può rientrare in ciò che non c’è più, non accadrà. Non si entra in ciò che non c’è più […].»
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