lunedì 21 marzo 2011

Bertrand Russel. Nel libretto pubblicato con L’Espresso, un incipit magistrale

Affrontare il foglio bianco è il dramma di tutti noi. In particolare, in un discorso l’attacco - l’incipit - è cruciale: è la chiave per attirare l’attenzione dell’uditorio.

Nel libretto uscito questa settimana con il settimanale L’Espresso è pubblicato un discorso contro la corsa agli armamenti nucleari, che il filosofo britannico Bertrand Russel pronunciò nel 1954 alla Bbc.

L’incipit è geniale:
«In questa circostanza non parlerò come cittadino britannico, europeo o di una democrazia occidentale, ma come essere umano, membro della specie Uomo, la cui sopravvivenza è ora messa in dubbio.

Il mondo è pieno di conflitti: quello tra ebrei e arabi, indiani e pachistani, bianchi e neri in Africa e, al di sopra di tutti i conflitti minori, la lotta titanica tra comunismo e anticomunismo.

Quasi tutti coloro che hanno una coscienza politica nutrono profonde convinzioni riguardo a uno o più di tali questioni, ma ora, se vi è possibile, vorrei che lasciaste da parte queste convinzioni e vi consideraste semplicemente membri di una specie biologica con una storia importante alle spalle e di cui nessuno di noi può desiderare la scomparsa.»

Potente, vero?

3 commenti:

  1. "l'italia è il paese che io amo". Che ne dici, un incipit che ha pagato, vero.

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  2. Secondo te quale è il romanzo con il miglior inizio? Uno brutto?

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  3. Ecco l'incipit bello:
    «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien quasi a un tratto, tra un promontorio a destra e un’ampia costiera dall’altra parte [...]»
    E' in metrica, è un novenario. Devo ammettere che non vado matta per i Promessi Sposi, ma questo incipit è grandioso.

    Un altro bellissimo:
    «Oggi mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: “Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti...” Questo non dice nulla: è stato forse ieri»
    E' di Albert Camus, Lo straniero.
    Ciao,
    Flavia

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