Dopo il vespaio seguito alla super dichiarazione di Della Valle di sabato, il presidente della Repubblica ha più volte richiamato gli italiani al rispetto delle istituzioni. Lo ha fatto con il suo linguaggio elegante e solenne e con il consueto tono aulico.
L'occasione è l'anniversario dell'eccidio di Marzabotto da parte dei nazisti:
«È un dovere per noi tutti perpetuare il ricordo di coloro che combatterono nelle fila della Resistenza, restituirono all'Italia il bene supremo della libertà e della dignità nazionale. A loro si deve se l'Assemblea costituente poté approvare, grazie alla convergenza di forze politiche diverse, la nostra carta fondamentale in cui sono enunciati i valori e i principi fondamentali cui si ispirarono quanti, sacrificando se stessi e la propria vita, hanno consegnato alle generazioni successive una Repubblica nuova e libera. Spetta a ciascuno di noi, in nome di quegli stessi principi, continuare ad amarla e consolidarla».
Colpisce il passato remoto ormai usato sempre meno, fatta eccezione per i siciliani; la ricercatezza del verbo perpetuare (immaginiamo Napolitano dire alla sua Clio "ti amerò perpetuamente", invece di "ti amerò per sempre"); il concetto dell'amore di patria che, Napolitano insiste, non può tramontare.
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