Che dire di Ho un sogno, Il discorso dei discorsi, il discorso per antonomasia?
In Ho un sogno c’è tutto: passione, fermezza, sfida, ritmo. Ma, soprattutto, c’è azione. Volontà di cambiare l’America subito, nel momento stesso in cui quel discorso viene pronunciato. King ci riesce: dopo I have a dream, i bianchi, i neri, la politica, la cultura, il mondo hanno fatto un passo avanti verso l’uguaglianza e la libertà.
Nel discorso al Lincoln Memorial di Washington del 28 agosto 1963, il pastore non chiede agli afroamericani di pazientare, di essere ragionevoli, di aspettare tempi opportuni.
Al contrario:
«Siamo venuti in questo luogo sacro anche per ricordare all’America la fiera urgenza dell’oggi. Non è questo il momento per concedersi il lusso del raffreddare gli animi o di prendere la medicina tranquillante della gradualità.
Ora è il tempo di rendere reali le promesse della democrazia.
Ora è il tempo di sollevarsi dalla scura e desolata valle della segregazione, per percorrere il sentiero assolato della giustizia razziale.
Ora è il tempo di sollevare la nostra Nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale, portandola verso il terreno solido della fratellanza.
Ora è il tempo di rendere la giustizia una realtà per tutti i figli di Dio»
Nell’aprile del 1963, pochi mesi prima del discorso del Linlcoln Memorial, King era stato arrestato a Birmingham. In prigione aveva letto un articolo di giornale firmato da otto ecclesiastici bianchi locali che definivano l’attivismo di King «poco saggio e prematuro» ("Birmingham News", 13 aprile 1963).
King risponde ribadendo la necessità di agire nell’immediato e con decisione.
Un atteggiamento che convoca all’azione gli afroamericani, che accresce il suo capitale di fiducia.
Molto di più su I have a dream nel mio libro “Discorsi pontenti”.
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