Tailleur gessato, doppio filo di perle, messa in piega moderatamente voluminosa. È l’immagine della first lady Elsa Monti che compare sulla copertina del settimanale “Chi” in edicola da un paio di giorni.
Il fatto che la sobria sciura, moglie del signor British style, abbia accettato di farsi intervistare dal direttore del settimanale Alfonso Signorini, ex cantore delle gesta di casa Berlusconi, ha attirato i commenti aciduli di certa carta stampata.
Sono andata a comprare “Chi” per farmi un’idea e renderne conto ai lettori del blog.
Dall’intervista emerge una signora decisamente piacevole. Peccato per qualche nota dal sapore elitario che, in un’Italia di sacrifici voluti da suo marito, suona un po’ fuori luogo, perché fa temere che la coppia non conosca fino in fondo lo stile di vita dei comuni mortali.
«In 45 anni di matrimonio non ricordo molti weekend. Sempre stato così. Fin dai tempi in cui mio marito era assistente universitario, il sabato e la domenica erano i giorni della scrittura degli articoli, della preparazione delle lezioni.»
Se, come sembra, per “weekend” la signora intende “weekend fuori città” credo sarebbe stato meglio esprimere semplicemente il rammarico di essere riuscita a godere poco della disponibilità di suo marito per sé e per la famiglia.
Prosegue:
«[da ragazza] ero moderatamente studiosa. Sportiva mai. Anzi pigra. Mio padre le ha tentate tutte con me: tennis, cavallo, qualunque sport.»
Il riferimento alla nobile equitazione era necessario?
Appare invece simpatica per la sua sincerità quando confessa di essersi scelta, nei confronti del marito, un ruolo da “retrovia”:
«Ben presto tra me e mio marito si è creata una suddivisione di ruoli molto marcata. La ribalta ce l’aveva lui, la retrovia spettava a me.» Démodé ma schietta.
Proseguendo, anche Elsa ripete il refrain del Monti style del quale, più volte, abbiamo parlato in questo blog. L’atto linguistico perlocutivo, la canzone esiziale: fare i sacrifici per evitare di “finire come la Grecia”:
«Tutti si rendono conto del fatto che era necessario passare per un periodo di sacrifici, per evitare che l’Italia finisse come la Grecia.»
Dieci e lode al racconto delle motivazioni che hanno spinto il marito ad accettare il ruolo di premier, dopo l’investitura del presidente Napolitano:
«Che cosa avrebbe dovuto dire al Capo dello Stato? “No grazie, non mi sento pronto!”? Non ha fatto altro che mettere in pratica quello che aveva studiato per una vita intera. Più che una scelta, la sua è stata una sfida. “Hai scritto pagine e pagine su quello che andrebbe fatto in una situazione del genere? Bene, fallo.»
Non fa una piega.
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