giovedì 24 luglio 2014

Luigi Cesaro detto Giggino a’ Purpetta, quel politichese che non ti salva #retorica

Secondo le ultime notizie di cronaca, Cesaro deve difendersi dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d'asta. Ma dovrebbe difendersi anche dal politichese spinto. Ecco un discorso di qualche tempo fa che dice per non dire. Tra i classici per gettare fumo negli occhi, l'evocazione delle difficoltà del contesto e l’accumulazione delle professioni necessarie per comprenderlo.
“Napoli è una metropoli particolare, che in alcune occasioni ho anche definito estrema, riferendomi ad alcune sue caratteristiche decisamente uniche. La nostra è l’area italiana urbana con maggiore densità abitativa, che si sviluppa su un territorio su cui insistono ben due aree vulcaniche. Urbanisti, economisti, ingegneri ed architetti qui trovano un banco di prova duro ed estremo per le loro teorie e i loro studi. Chi più di noi aveva le caratteristiche più idonee per ospitare la sesta edizione del uorror urban forum?”.

Autisti, fuochisti, macchinisti, scambisti, lampisti, gente di fatica, facchini... diceva Totò. 


Ps
Lasciamo perdere la pronuncia inglese del World Urban Forum, perché la critica sarebbe troppo facile.

Guarda il video:

https://www.youtube.com/watch?v=wpKxLpD3s5g

mercoledì 16 luglio 2014

Da una nazione "dammi qualcosa" a una "fallo da te". Questo è "iron" #retorica

Margaret Thatcher (Grantham, 13 ottobre 1925 – Londra, 8 aprile 2013), 
E' stata primo ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990. Da questa citazione si capisce perché la chiamavano Iron Lady. L'appellativo "metal" le è stato affibbiato dal giornale militare sovietico “Stella rossa” nel 1976.
La citazione che segue è tratta da “Speech to Small Business Bureau Conference”, 8 febbraio 1984.



martedì 15 luglio 2014

Discorsi potenti delle donne: Eleanor Roosvelt

Anna Eleanor Roosevelt (New York, 11 ottobre 1884 – New York, 7 novembre 1962). E' stata first lady dal 1933 al 1937, come moglie del presidente Franklin Delano Roosevelt. Si è impegnata nella tutela dei diritti civili e delle donne. Ebbe un ruolo nella creazione delle Nazioni Unite.



venerdì 11 luglio 2014

Retorica e digitale: le armi del Cicerone 2.0 #retorica


Da Steve Jobs al TED, i bit hanno fatto esplodere l’arte del ragionare e aperto un nuovo percorso di racconto e innovazione

/http://www.wired.it/attualita/media/2014/07/11/retorica-digitale-granelli-trupia/

mercoledì 9 luglio 2014

Disfatta del Brasile: al via la lista delle "colpe". Un discorso di Velasco

Dopo la disfatta di ieri sera a Belo Horizonte, pubblichiamo un discorso dell'allenatore Julio Velasco sulla cultura degli alibi nello sport e nella vita.
"È colpa della cultura, dei cromosomi, delle scuole elementari". Nella lista delle colpe mancano solo le cavallette.

lunedì 7 luglio 2014

La Madonna costretta a fare l'inchino al boss. Ricordiamo la scomunica di Francesco ai mafiosi

Ieri, a Oppida Mamertina in provincia di Reggio Calabria, la processione della Madonna si è fermata per rendere omaggio al boss della 'ndrangheta Beppe Mazzagatti, ergastolano agli arresti domiciliari.
Mazzagatti è stato condannato per estorsione, omicidio e associazione mafiosa.

In Molise, i detenuti del carcere di Larino si sono rifiutati di andare a messa, giudicandolo "inutile" dopo le parole di scomunica del papa del 21 giugno scorso a Cassano all'Jonio.
Ecco le parole potenti del papa.


giovedì 3 luglio 2014

L’Europa non è solo moneta, la sineddoche di Renzi #retorica

Niente da fare, Matteo Renzi rimane un fuori classe dell’oratoria. È sicuro, parla a braccio, sottolinea quello che dice con il linguaggio del corpo. Ieri a Strasburgo, l’unica che non è riuscito a coinvolgere è stata la ministra Mogherini che gli sedeva accanto immobile come una statua di cera.
Nel suo discorso di apertura del Semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea è riuscito a ricostruire la fierezza dell’Italia, troppo spesso considerata la cialtrona d’Europa, il Paese per il quale gli altri devono pagare i conti.
“Faremo sentire la forza di chi è un grande paese e di chi contribuisce al bilancio dell’Unione in modo maggiore di quanto incassa”
Le sue parole hanno riportato l’attenzione sui valori identitari e culturali del continente. Lo hanno fatto con una sineddoche, la sostituzione di un termine con un altro con il quale il primo ha un rapporto di vicinanza: la “moneta” per indicare gli aspetti economici.
“Ma non è semplicemente nella moneta che abbiamo in tasca il nostro destino”
Un espediente linguistico per ricordare che l’Europa non è solo conti, ragioneria, spread, ma può essere anche luogo di innovazione e crescita. Un ruolo che l’Europa ha svolto nel passato e che, oggi, sembra seppellito dall’austerità, i rantoli razzisti, l’appiattimento del discorso sulla questione euro-sì-euro-no.
L’immagine è di un continente statico e impolverato che Renzi vuole trasformare utilizzando l’antidoto del “duepuntozerese”:
“Se oggi l’Europa facesse un selfie, che immagine verrebbe fuori? Posso dirlo con estrema preoccupazione? Emergerebbe il volto della stanchezza. In alcuni casi della rassegnazione”
Renzi sottolinea anche che l’Europa non può essere un “puntino su Google map”.
E, poi, tanta cultura. Riferimenti alla nostra tradizione per mettere i puntini sulle i:
“[L’Italia] Un paese che ha dalla sua parte non soltanto la storia ma il futuro”
Ecco, allora, che il premier evidenzia come Italia e Grecia, dal quale il nostro Paese prende il testimone della Presidenza Ue, sono il luogo di nascita della civiltà occidentale. Cita Anchise ed Enea, Percicle e Cicerone, l’agora e il foro, il tempio e la chiesa, il Partenone e il Colosseo.
Ancora fierezza: due dei fanalini di coda dell’Europa hanno ancora qualcosa da insegnare.
Non manca un classico renziano. Il contrasto deciso alla cultura dei piagnoni, di quelli che aspettano e non vogliono dare nulla in cambio. Anche in questo caso il premier si avvale di un riferimento culturale: la generazione Telemaco.
“All’inizio dell’Odissea, Atena lo chiama e gli dice non penserai mica di stare qui ad attendere.”
“La nostra generazione ha il dovere di riscoprirsi Telemaco. Ha il dovere di meritare l’eredità” “Il dono dei nostri padri è una conquista da rinnovare giorno dopo giorno”

John F. Kennedy diceva: “Non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”. Telemaco, datti una mossa.

mercoledì 2 luglio 2014

Grillo e la fallacia dei soldi europei alla mafia


I discorsi pubblici sono ricchi di fallacie, errori nel ragionamento che vengono messi in campo per produrre un effetto persuasivo.
Non dobbiamo gridare allo scandalo perché è assolutamente normale. Non solo in politica, ma anche sul lavoro e in famiglia. Tutti noi siamo produttori consapevoli o inconsapevoli di fallacie. Quante volte abbiamo sentito dire (o abbiamo detto) a un figlio: “Zitto tu, che non ti sei rifatto neanche il letto questa mattina!”. Naturalmente la mancata attenzione all’ordine non è di per sé una prova che il diretto interessato non abbia qualcosa di importante da dire.
Beppe Grillo è il re della fallacia. Ieri a Bruxelles non ha voluto farsi rubare la scena dall’euroscettico Nigel Farage che aveva platealmente voltato le spalle ai musicisti che eseguivano l’Inno alla gioia di Beethoven, in occasione dell’inaugurazione dell’ottava legislatura del Parlamento Europeo.
“L’inno alla gioia è stato usato da Hitler e dai più grandi killer della storia.
I logici che studiano le fallacie la chiamano generalizzazione indebita: si trae una conclusione generale, considerando solo casi particolari.
Un’altra generalizzazione indebita:
“Io sono venuto qui a guardare i conti e a dire di non dare più i soldi all’Italia perché scompaiono in tre regioni: Sicilia, Calabria e Campania. Dove ci sono la mafia, la `ndrangheta e la camorra”.
Il fatto che parte dei soldi Ue siano stati intercettati dalla mafie non significa che debbano essere tolti all’Italia, negando ai tanti cittadini onesti il sacrosanto diritto di usufruirne.

Uscendo dal campo della logica, più che una fallacia la chiamerei una “zappata sui piedi” degli italiani. Non ce la meritiamo. 

martedì 1 luglio 2014

Quel presidente Usa chiamato Benedetto

Discorso di apertura alla Convention Nazionale dei Democratici, Boston, Mass., 27 luglio 2004.
È il discorso che ha lanciato un giovane promettente politico: Barack Obama. Nell’incipit, il futuro presidente Usa racconta la sua storia che diventa una narrazione universale. I suoi genitori - africano lui, americana lei - si incontrano all'università e chiamano il loro figlio "Benedetto".